domenica 27 giugno 2010

Io ironizzo sul sociale? Figuriamoci!

Quanto dice il vice sindaco conferma le mie osservazioni in merito ai rimborsi ICI. Si tratta, lo dice lui stesso e lo ha scritto nella delibera che ha portato in consiglio, di entrate ordinarie riferibili ad annualità precedenti.

Era quanto lo Stato doveva al comune per compensare le ridotte entrate degli anni della nostra amministrazione.

Che tutto sia avvenuto all'inizio del suo mandato è una sua fortuna non un suo merito.

E poi, io avrei ironizzato sulla presunta attenzione alla spesa sociale? Figuriamoci.

Osservo semplicemente che una disponibilità di fondi così elevata consentiva interventi, anche nel sociale, ben più incisivi come dimostrerò con una proposta di delibera che sto preparando.

Capisco che Dell'Arciprete vuole deviare l'attenzione da questioni che difinire enigmatiche è poco. Ci spieghi a cosa e per chi servono 40.000 euro per spese del personale e per incarichi.

E spieghi anche per quale motivo mente sulla questione bancomat in Loc. S. Vincenzo.

So bene che è un servizio utile ma far credere che anche questo è un suo merito è veramente troppo.Ho dimostrato in consiglio comunale, carte alla mano, che la procedura è di carattere amministrativo e che la domanda corretta, giunta in municipio il 2 aprile dopo che quella di gennaio era risultata incompleta, è stata evasa rapidamente dagli Uffici e non certo da lui o dalla giunta Salvi.

E intanto si pensa al convegno Vino e Salute che ha, tra i suoi meriti, quello di avere finalmente portato in città il primario di medicina del nostro ospedale.

giovedì 24 giugno 2010

Le (non) risposte del sindaco e la mia replica...





Cari amici,

ecco cosa ha risposto (risposto?) il sindaco alle mie interrogazioni...

Segue la mia replica alla quale credo di non dover aggiungere altro.

Intanto attendo le risposte...quelle "vere"...

mercoledì 23 giugno 2010

Sulle dichiarazioni del vice sindaco

Su "Il Centro" di stamattina, il vice sindaco parla di una manovra da 200mila euro, di investimenti sul patrimonio (strade) e sulla spesa sociale.

Le dichiarazioni di Pierluigi Dell'Arciprete sono volutamente lacunose e fuorvianti.

Innanzitutto il vice sindaco omette di dire che a tre mesi dall'inizio del mandato la giunta Salvi si trova tra le mani un tesoretto di oltre 400mila euro che eredita dalla precedente amministrazione.

Si tratta di poco più di 200mila di entrate dallo Stato, entrate che, se il governo fosse stato puntuale, sarebbero arrivate nelle casse dell'amministrazione che le aveva richieste, cioè quella precedente di centrosinistra.

Altri 226mila euro derivano dall'avanzo del 2009 che Salvi e Dell'Arciprete si ritrovano in tasca senza neanche sapere come e, soprattutto, dopo avere a lungo fantasticato su gestioni irresponsabili di chi li ha preceduti.

Perchè Dell'Arciprete non dice nulla su questo? Perchè porta a pensare che sia tutto merito suo? E perchè non dice che, pur avendo queste disponibilità, nella sua manovra non c'è nulla di incisivo e di impatto?

L'Amministrazione, a pochi giorni dal traguardo dei cento giorni, annaspa sbandierando una vocazione turistica che cozza con l'incuria che domina ovunque: Villa Comunale, parcheggio di Via Orientale, grotta di Andrea Bafile per tacere d'altro.

E poi, il vice sindaco ha persino la faccia tosta di parlare di impegno nella spesa sociale.

Egli sa benissimo che la spesa per l'assistenza (che è solo una parte di quella totale) sarebbe stata coperta, così come è sempre stato e che, a causa dei tagli dello scorso anno da Regione e Governo (contro i quali raccogliemmo centinaia di firme), l'ultimo trimestre 2009 venne rimborsato all'inizio del 2010.

Piuttosto, invece di concedere solo patrocini a iniziative sociali, la giunta avrebbe dovuto pensare a finanziarle.

Nella gestione dei contributi assistenziali vedo molta improvvisazione e manca una scelta strategica - ora che era possibile grazie a queste disponibilità - nell'area dell'inclusione sociale.

Forse la giunta avrà capito quanto sia grave la crisi e che anche Guardiagrele ne è vittima e così anche i sogni di primavera di Donatello Di Prinzio si sono andati a far benedire.

martedì 22 giugno 2010

Droghe...tutto bene (?)...

Leggere - sia pure (per ora) in maniera approssimativa - le notizie circa il calo del consumo di droghe non può che fare piacere.

Confrontare questo dato con quanto risulta dalle conversazioni - recenti e passate - con chi quotidianamente ha a che fare qon il problema, crea qualche disagio.

Personalmente dispongo solo dei dati di una esperienza (come professionista e come ex amministratore che si è occupato anche del problema della tossicodipendenza nella mia città) e questi dati mi dicono che non c'è da essere molto ottimisti.

D'altra parte non voglio neanche credere che si vada in TV ad annunciare che tutto va bene quando invece...

Ma mentre dico queste cose mi tornano in mente le accuse di essere catastrofisti di fronte ad una situazione che appariva a tutti il primo passo di una crisi mondiale che qualcuno voleva negare...

Resta solo tanta confusione...

Per ora, quindi, sospendo il giudizio e chiedo anche a voi: che ne pensate?

mercoledì 16 giugno 2010

Diciamo(ce)le queste cose...

L'OCSE invita l'Italia a ritirare il ddl intercettazioni...Spatuzza non è attendibile...l'Antitrust dice sì alla modifica dell'art 41 della Costituzione...il Governo parte civile nel processo contro la "cricca"...l'incentivo decoder è contro la concorrenza...Radio Padania tifa Paraguay...le Regioni (comprese quelle padane) dicono che la manovra è contro il federalismo e contro la Costituzione...siamo proprio alla deriva...

Se la Corte Costituzionale - che, in base alla Costituzione, dichiara incostituzionali le leggi incostituzionali - non la smette di dichiarare incostituzionali le leggi inconstituzionali mi arrabbio!

Diciamocele, queste cose...e, soprattutto, diciamole...

sabato 12 giugno 2010

Perchè non a Guardiagrele?

Non posso farci niente alcune delle cose più interessanti che mi stanno capitando sono legate alla mia esperienza di assessore ai servizi sociali, carica che ho avuto la fortuna di ricoprire per cinque anni.

Stasera a Lanciano si terrà la terza edizione del festival "Suoni condivisi", una rassegna dei gruppi di musicoterapia per disabili.

E' davvero un peccato che, dopo l'esperienza dello scorso anno (quando, con convinzione, ho voluto che la seconda edizione fosse ospitata da Guardiagrele -foto-), quest'anno la nostra città abbia rinunciato.

Su questo argomento, un mese fa ho chiesto spiegazioni all'amministrazione comunale ma non ho avuto risposte.

La cosa bella, comunque, è che stasera ci sarò e, soprattutto, ci sarò con un ruolo importante perchè Consiglio Sciascio e Sara Giorgio, animatori dell'iniziativa, mi hanno voluto in giuria.

Dovrò mantenere un profilo equilibrato e non lasciarmi prendere dalla passione con la quale ho sempre seguito la "ludoband" del centro diurno di Guardiagrele che parteciperà anche a questa terza edizione dopo aver vinto la prima nel 2008.

In bocca al lupo ai nostri ragazzi!

giovedì 10 giugno 2010

A tutto campo...

Non vorrei essere ripetitivo ma devo tornare ad insistere sul fatto che goccia dopo goccia ci stanno sottraendo l'ossigeno.

Blindare un testo su una materia così delicata (le intercettazioni) e, poi, porre pure la questione di fiducia più per timore di "franchi tiratori" che per il problema dell'ostruzionismo, è davvero troppo.

L'impegno politico a tutto campo
, però, stimolato quotidianamente anche dalla responsabilità di essere consigliere comunale di opposizione, mi impone di "rassicurare" i lettori.

Probabilmente la materia di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi e quella alla quale faccio appena un cenno oggi sono i temi sensibili alla gran parte dell'opinione pubblica.

Insieme ai colleghi del gruppo di minoranza in Consiglio, mi sto occupando anche d'altro, delle questioni che più direttamente incidono sulla vita dei guardiesi.

Dalla questione dell'ospedale (sulla quale la maggioranza non ha ancora detto una parola), ai servizi sociali (non si vede ancora nulla...tutto va avanti per forza di inerzia), dal piano regolatore (non si sa ancora quali siano le intenzioni della giunta), alla costruzione dell'elettrodotto...

Saper mettere insieme questi temi a quelli solo apparentemente più "alti" è problema che deve coinvolgerci tutti.

domenica 6 giugno 2010

Quando l'ossigeno inizia a mancare...

Mario Borghezio, noto parlamentare leghista, ieri è approdato a Guardiagrele, ospite della Lega nostrana, promotrice della prima festa nazionale (sic!) del movimento di Bossi.

In maniera del tutto spontanea un gruppo di cittadini ha manifestato il suo dissenso per la presenza di un personaggio che non ha mai fatto mistero di essere razzista e che accusa il centrosinistra locale di essere "peggio dei marocchini".

Questo dice il giornale di oggi come dice che ogni sua frase è stata interrotta dagli applausi.
Prendo atto.

Su fb si moltiplicano i commenti e i racconti, alcuni anche appassionati e, a volte, emozionanti. Non voglio dire altro.
Ma una cosa voglio sottolinearla.

Se un gruppo, soprattutto di giovani, con assoluta correttezza, senza eccessi e senza violenza, sventola il tricolore e canta l'inno di Mameli non è per nostaglie o sentimentalismi.

Ragazzi, c'è da preoccuparsi perchè è come se uno iniziasse a parlare di quanto è importante l'ossigeno per respirare e, quindi, per vivere. Cavolate?

No! Significa che l'ossigeno sta finendo! Si tratta di riduzioni lente, con il contagocce, ma è pur sempre lenta eutanasia...

E non lo dico io, porca miseria! Lo dicono persone del calibro di Rodotà, Zagrebelsky, Scalfaro, lo stesso Ciampi che non sono di certo rivoluzionari.

Ieri sera c' erano tante altre persone a guardare che bisbigliavano "Fratelli d'Italia..." o che venivano a suggerire gli slogan da urlare all'indirizzo dell'ospite verde.

Meno male che c'è ancora chi ha il coraggio di indignarsi e di manifestare il suo dissenso...

mercoledì 2 giugno 2010

Per la festa della Repubblica...alla VI fiaccolata


Con la fondazione Civitas che sto costituendo insieme ad alcuni amici, abbiamo organizzato la VI fiaccolata per la festa della Repubblica...una iniziativaben più "istituzionale" di altre che si sono viste in giro e delle quali vorrei parlarvi...

Intanto, se volete, leggetevi il mio intervento...un po' lunghetto...

Il tema della festa della Repubblica è scritto nella parola stessa che, realizzata e trasformata in fatto, vorremmo celebrare.

Repubblica sta a significare cosa pubblica e, in fondo, cosa di tutti; così bisogna intenderla, andando oltre la facile ricerca dell’etimologia; essa è evento, fatto che ci accomuna e che ci fa riconoscere in un medesimo sentire; nei valori, cioè – come ci siamo detti tante volte – scritti nella Costituzione e che a tutti appartengono come cittadini, membri di una comunità.


Si fa festa alla Repubblica per riprendere e mai interrompere una riflessione che con la memoria, nella categoria del tempo, ci porta alla scelta del 2 giugno 1946 (o, ancora, al 1860-1861) e con la consapevolezza del nostro esistere in questo luogo, nella categoria dello spazio, ci porta a Guardiagrele per ripartire alla volta di orizzonti ben chiari anche se non vicini.

Si fa festa per riprendere in carico i principi che dodici milioni di elettori scelsero – anche per noi – dando vita a quello che Pietro Nenni (10 marzo 1947) definì lo spirito del 2 giugno, uno spirito che si può riassumere in quattro principi generali: gli elettori repubblicani del 2 giugno – precisava – volevano uno Stato unitario, volevano uno Stato democratico, volevano uno Stato laico e volevano uno Stato sociale.

Quanto questo sia vero e quanto la Costituzione repubblicana abbia risposto a questa vocazione non è possibile dirlo in questa sede; è un impegno che prendiamo per il futuro.

Certo è che quella scelta, fatta non da noi ma che noi viviamo e difendiamo, già pone il tema del rapporto con gli altri, un rapporto fatto, come ho detto all’inizio, di una relazione nel tempo e non solo nello spazio.

Ecco perché il titolo di questa VI fiaccolata degli enti locali, delle associazioni e della società civile, invita in maniera chiara – forse retorica ma non certamente vuota – ad un impegno per una comunità solidale, scuola di condivisione.

Questo è, a ben vedere, il DNA di una comunità repubblicana nella quale, per dirla con le norme più dense della I parte della Costituzione, si traduce il precetto della corresponsabilità e dell’uguaglianza.

Parlare di comunità solidale non è facile, però, non perché è complesso il senso da dare a queste parole ma perché è difficile scorgerne i tratti in quella che Zygmunt Bauman definiva già dieci anni fa, come società (di modernità lui parlava) liquida.

In effetti, se prendiamo in prestito le categorie della fisica ce ne rendiamo conto in maniera quasi plastica.

La comunità solidale è quella che ha (o dovrebbe avere) come propria regola quella della solidarietà e, quindi, quella che, per questa scelta, diventa solida, cioè compatta, senza cavità o vuoti; una comunità nella quale i cittadini (che ne sono membri) sono legati da vincoli di fratellanza e reciprocità.

E’, per dirla con Enzo Bianchi (L’altro siamo noi), quella nella quale ciascuno, prima di tutto, prende consapevolezza del fatto che esiste in quanto in relazione con altri (lo scorso anno parlavamo di scuola di relazioni) e dà al dialogo il senso dell’intreccio tra linguaggi, sensi, culture, etiche, la spinta non verso l’annullamento delle differenze e la passiva accettazione delle convergenze ma il cammino verso un “luogo” nel quale le differenze vivono allo stesso titolo delle convergenze.

Noi tutti, però, siamo persone sufficientemente intelligenti par capire che tutto questo non è un dato di fatto, una realizzazione compiuta ma l’oggetto di un lavoro che insieme dobbiamo compiere, il fine dell’azione che ogni cittadino, ispirato da quei valori comuni, dovrebbe portare avanti, l’edificio che nella complementarietà dei rapporti ciascuno deve costruire.

E’ singolare rendersi conto del fatto che tra la teoria e la pratica delle relazioni sociali ci sia una sostanziale corrispondenza.

La difficoltà nella realizzazione di questo progetto non è forse la stessa che Bauman rintraccia nelle cause della liquidità della fase che attualmente si vive? Il fatto che – come ancora una volta la fisica ci insegna e Bauman sottolinea – la società liquida sia una società instabile, nella quale è difficile mantenere una forma (e, magari, lo sguardo su principi condivisi) ed è quanto mai facile mutarla, non è forse uno scenario nel quale diventa complicato collocare una comunità solidale?

E, ancora, se la comunità solidale è un obiettivo da realizzare bisogna chiedersi dove ci troviamo e se un edificio in costruzione possa già essere una scuola di condivisione, come il tema di questa marcia suggerisce.

Problemi, come si vede, e ben poche soluzioni.

Problemi che, ancora una volta, il marciare insieme ci invita ad elaborare e individuare come stimolo per un lavoro che la comunità deve darsi come imperativo.

Questo movimento, però, non nasce da solo. E’ necessario stimolarlo, cercarlo, scovarlo valorizzando quanto in molte esperienza vive, a volte anche allo stato primordiale.

Questa fiaccolata ha avuto bisogno di un’organizzazione, non è nata da sola; non ci siamo ritrovati casualmente ma abbiamo risposto ad un invito nel quale erano chiari gli elementi essenziali che l’hanno resa possibile. Un soggetto della società civile, una fondazione - che ha nel suo nome il programma di un impegno faticoso (Civitas) – se ne è fatta carico, insieme ad una organizzazione che da quasi cinquanta anni vive nella nostra città, il CAI.

Questo ci vuole: uno stimolo, una guida, un suggerimento e, soprattutto, la possibilità a tutti concessa di costruire insieme dando spazio a contributi che spesso attendono solo di essere cercati e messi in comunicazione. Come ci vuole senso della realtà che fa essere la comunità anche bella, cioè come deve essere, nella quale ciascuno è al proprio posto, dove nessuno confonde ruoli, comprende se e come essere presente, cosa e come dirlo, è consapevole della necessità di andare oltre la tutela di interessi di parte o corporativi intuendo le necessità del momento e anticipando il futuro.

Ecco in quale modo la comunità solidale, non completamente realizzata ma complessivamente elaborata, può diventare scuola.

Certo, torno a ripeterlo, la comunità oggi suona più come un’astrazione che come un fatto.
Ne è una metafora la questione dell’unità nazionale! Massimo Cacciari, in un recente articolo, la affronta citando Gioberti, per il quale l’Italia è un’astrazione, un desiderio, non un fatto, e, più ancora, Leopardi per il quale gli italiani sono autori e attori protagonisti nella “strage delle illusioni”.

Allora mi chiedo, ancora una volta, richiamando la riflessione di Cacciari e parafrasandone alcuni interrogativi: Se ridiamo di onore, virtù, bene comune, senso della vita, come potremmo mai formare una comunità solidale? Se nulla si considera degno di rispetto, di nulla si ha vergogna, se ciascuno cerca di fare degli altri “uno sgabello a se stesso”, se il “conversare” che è il mezzo con cui altrove ci si intende o almeno fraintende, qui è lo strumento che moltiplica l’odio e la disunione, come pensare ad una comunità che sia foedus, autentico patto tra chi la abita, tra i cittadini solidali pur nei loro distinti interessi e animati da comuni finalità?

E’ possibile costruire una comunità solidale se i “leganti sociali” sono illusioni…ogni individuo tende a far centro da sé…l’esercizio della virtù e del dovere non porta alcun frutto…stima e fama di cui uno gode sono refoli di vento, dagli effetti passeggeri quanto quelli di un sondaggio?

Possiamo noi superare la comunità guardaroba, come ancora Bauman la definisce? Quella, cioè, nella quale ci si spoglia di ciò che distingue una persona dall’altra e ci si sente gruppo di fronte ad uno spettacolo che crea solo l’illusione di condivisione…che non dura molto più a lungo dell’eccitazione prodotta dalla performance?

Possiamo sentirci comunità vera e, quindi, solidale se non ci preoccupiamo di dismettere gli abiti della diversità di origini, opinioni, storie individuali e ci accontentiamo di annullare gli impulsi socializzanti, le spinte verticali, l’aspirazione verso i carismi più alti?

Siamo realmente consapevoli del fatto che, in questo modo, diamo credito a ciò che perpetua e moltiplica le solitudini?

La lettura del momento attuale è il frutto del panorama che Paolo Di Giannantonio, ospite del forum lo scorso 22 maggio, ha descritto con riferimento al tema dell’informazione.Dopo avere notato che c’è un’appiattimento su poche (due) posizioni dominanti, ha osservato: Io non posso accettare questo discorso perchè la verità, probabilmente, non sta nè da una parte nè dall'altra e sta in una terza, in una quarta, in una quinta parte.

La comunità solidale, parafrasando questo ragionamento, è quella che si fa carico di queste verità diverse, di queste storie che attendono solo di essere messe in comunicazione e in dialogo; è quella che riesce a manifestarsi all’esterno come è avvenuto recentemente nella nostra città in due occasioni che parlano, fortunatamente, di una Guardiagrele che cammina tra le difficoltà che ho prima ricordato.

Sono gli eventi nei quali la comunità solidale si è trasformata in fatto.

Il primoo è la Casa di accoglienza della Caritas, spazio nel quale vogliamo tentare di ricostruire vite fragili; l’altro evento è la manifestazione dello scorso 22 maggio, “Insieme per sentirsi bene”, la metafora più bella per raccontare un impegno possibile tra attori diversi.

Questo è il dialogo, radice della solidarietà, nello spazio della nostra Guardiagrele e verso territori lontani.

Ma il dialogo va coniugato anche nella dimensione del tempo, come si diceva all’inizio.
Noi siamo in dialogo con chi 64 anni fa scelse anche per noi la Repubblica e ce la consegna perchè la preserviamo da chiunque voglia metterne in discussione l’esistenza.

Siamo in dialogo con i patrioti della Maiella, quelli che per primi entrarono a Bologna il 21 aprile 1945 dove oggi si inaugura un monumento in pietra in onore di quanti avevano in mente qualcosa che andava oltre il loro personale orizzonte o quello limitato di una parte (questo li faceva essere “partigiani senza partito e soldati senza stellette”).

Siamo in dialogo con chi, ancora prima, ha lavorato per l’unità d’Italia, credendo che quella fosse la meta da raggiungere. Un dialogo, questo, interessante e coerente con il tema di oggi perché la questione non era solo quella di mettere insieme territori ma di creare uno spirito unitario, quello, forse, che 85 anni dopo Nenni definì del 2 giugno e che, invece, mancava all’indomani dell’unità, se D’Azeglio si trovò a dire che fatta l’Italia , bisogna fare gli italiani.

Con queste riflessioni sulle quali sarebbe bello scambiarsi opinioni, riflessioni, punti di vista, vogliamo consegnarci una reciproca responsabilità a prestare attenzione alle lezioni di questa scuola di condivisione.

Una lezione che chiede di essere concretamente messa in pratica con strutture di solidarietà che rendano meno fluidi e sfuggenti i rapporti tra persone, che rendano il dialogo una strada realmente percorribile per capire dove sta il problema a agire per superarlo.

C’è e ci sarà solidarietà per i nostri figli, per i giovani, per i disabili, per i poveri, per chi non ha lavoro? C’è possibilità di riscatto? C’è una corrispondenza tra la quotidiana fatica di chi ha perso il lavoro, di chi a stento vive con una pensione ai minimi termini, del ricercatore che non vede vicino il risultato del suo impegno, dei tanti precari della scuola che vedono ridursi sempre più le possibilità di una definitiva sistemazione, delle migliaia di carcerati che vivono quotidianamente sulla pelle la violazione di essenziali diritti della persona, di chi vive l’imminenza di pericoli ambientali che non sappiamo ancora se definitivamente scampati, di chi subisce l’esclusione dalla sua stessa famiglia…c’è corrispondenza tra questi mondi e quello che vogliamo costruire? Non è forse necessaria una maggiore attitudine all’ascolto? E se l’attitudine c’è ma non è completo il quadro di fronte al quale l’ascoltatore si pone, è ancora possibile allargare lo spettro?
In questo momento, in questa sede, vogliamo prendere in carico, ognuno per le responsabilità di cui è investito, la consegna di fare in modo che prima la nostra città e poi chi ne fa parte si sentano insieme comunità perché insieme vanno a scovare la terza, la quarta, la quinta possibilità di verità.

Vogliamo fare in modo che sia veramente così.

Il nostro impegno, allora, è quello di far maturare queste consapevolezze, dare risposte agli interrogativi perché il tempo della comunità solidale è possibile, è la stagione verso la quale ci poniamo come il contadino.

Le stagioni, diceva Giorgio La Pira, non le fa il contadino; vengono, e lui le aiuta. Si orientano tutte verso l'estate, verso i giorni della maturazione.

Viva l’Italia! Viva la Repubblica! Viva la Costituzione! Viva Guardiagrele!