sabato 26 marzo 2011

L'intervista al sub commissario...

La consegna della cautela quando si attende una sentenza della magistratura sarebbe la condotta più opportuna, soprattutto quando si parla di provvedimenti che investono gli interessi e i diritti della popolazione di una intera regione.

Se un cittadino non colpito dai problemi sul riordino della rete ospedaliera o uno che della sanità non sa nulla avesse sentito l'intervista rilasciata ieri al TG3 Abruzzo dal sub-commissario alla sanità, avrebbe pensato che non c'è nessun problema.

Ci chiediamo quale tipo di monitoraggio stia portando avanti l'Ufficio commissariale e di quale rapporto al Consiglio di Stato stia parlando.

La realtà che ha raccontato il sub-commissario semplicemente non è la realtà.

Ha parlato come se non ci fosse nessun problema; ha proclamato che il debito è ripianato e che le aree con gli ospedali riconvertiti non hanno nessuna criticità; ha detto che tutti gli adempimenti ministeriali sono in ordine; ha parlato di invio ai ministeri dei provvedimenti sulla rete ospedaliera senza dire che proprio quei provvedimenti sono stati bocciati in fase cautelare dal Consiglio di Stato e senza nessun riferimento al fatto che il TAR deve ancora pronunciare la sua sentenza; ha parlato di quadruplicazione di prestazioni ambulatoriali, ma a Guardiagrele così non è visto che i medici vanno via e nessuno li sostituisce; ha parlato dei privati senza dire - anche in questo caso - che tutte le cliniche hanno impugnato le delibere commissariali e si attende anche per loro una decisione del TAR (all'udienza del 23 marzo erano ben 14 i ricorsi contro il Commissario: 6 relativi ai piccoli ospedali e 8 delle cliniche private); non ha detto, ad esempio, che i reparti per acuti di Guardiagrele che dovevano essere chiusi da tre mesi, sono pieni di pazienti e che quei ricoveri sono "appropriati".

(A questo proposito è paradossale sentire la direzione generale della ASL parlare di attrattività del Policlinico di fronte alla quotidiana barellopoli: il SS: Annunziata sarebbe attrattivo per prestazioni di medicina e geriatria? Ci saremmo aspettati che l'attrazione derivasse da prestazioni ben più complesse...)

Quando dicevamo che per le Autorità (il commissario e il suo vice in primis) è come se l'ordinanza del Consiglio di Stato non ci fosse, evidentemente avevamo ragione perchè il quadro che ci è stato descritto nella intervista di oggi non è lo stesso che noi viviamo quotidianamente.

Il sub-commissario ha parlato di un rapporto al Consiglio di Stato; io, che ho difeso i cittadini davanti ai giudici di Roma, di questo rapporto non so nulla.

A meno che non ci si voglia riferire alla delibera che il Commissario ha adottato solo il giorno prima dell'udienza per dimostrare di avere adempiuto all'invito al riesame impartito dal Consiglio di Stato. E' bene che si sappia che ci siamo opposti a quella produzione e che il TAR non l'ha acquisita: nessuno sa, quindi, cosa ci sia scritto.

C'è da restare letteralmente sconcertati di fronte a questa ostentazione di sicurezza.

A chi decide vorrei dire che prima che venga detta l'ultima parola dai Tribunali passeranno ancora mesi e che, se veramente si vogliono garantire i livelli di assistenza, non si può pensare - parlo per l'ospedale di Guardiagrele - di lasciarlo morire lentamente come sta accadendo.

E' assurdo che quel che doveva diventare un Presidio Territoriale di Assistenza con ambulatori potenziati perde pezzi giorno dopo giorno: il laboratorio analisi si accinge a ridurre il suo orario e ad essere sostituito da una macchina per le prestazioni urgenti; la radiologia dal 1° aprile perderà un altro medico; la chirurgia ambulatoriale è ai minimi termini; ci sono medici previsti in organico - a partire dai primari - che forse non conoscono neanche la strada per arrivare a Guardiagrele.

Ci si aspetterebe un'analisi più profonda e non un: "Va tutto bene!".

Se dai monitoraggi dell'ufficio commissariale dovesse risultare quanto noi vediamo ogni giorno, sarei il primo a sottoscrivere quei documenti.

venerdì 25 marzo 2011

giovedì 24 marzo 2011

lunedì 21 marzo 2011

Libia: così non si difendono i diritti umani

1. Una cosa è la Risoluzione dell’Onu, un’altra è la sua applicazione. Una cosa è difendere i diritti umani. Un’altra è scatenare una guerra.

2. La Carta dell’Onu autorizza missioni militari (art. 42), non qualsiasi missione militare.

3. L’iniziativa militare contro Gheddafi è stata assunta in fretta da un gruppo di paesi che hanno fatto addirittura a gara per stabilire chi bombardava per primo, che non ha nemmeno una strategia comune, che non ha un chiaro comando unificato ma solo una forma di coordinamento, con una coalizione internazionale che si incrina ai primi colpi e che deve già rispondere alla pesante accusa di essere andata oltre il mandato ricevuto. Si poteva iniziare in modo peggiore?

4. Da tempo si doveva intervenire in difesa dei diritti umani. Lo abbiamo chiesto ripetutamente mentre l’atteggiamento del governo italiano e della comunità internazionale e, diciamolo, di tanta parte dei responsabili della politica oscillava tra l’inerzia e le complicità con Gheddafi. Se si interveniva prima, non saremmo giunti a questo punto.

5. E ancora oggi, mentre si interviene in Libia non si dice e non si fa nulla per fermare la sanguinosa repressione delle manifestazioni in Baharein, nello Yemen e negli altri paesi del Golfo. L’Italia e l’Europa, prima di ogni altro paese e istituzione, devono mobilitare ogni risorsa disponibile a sostegno di chi si batte per la libertà e la democrazia.

6. Ricordiamo che la risoluzione dell’Onu 1973 indica due obiettivi principali: l’immediato cessate il fuoco e la fine delle violenze contro i civili. Qualunque iniziativa intrapresa in attuazione di questa risoluzione deve essere coerente con questi obiettivi. Ovvero deve spegnere l’incendio e non alimentarlo ulteriormente, deve proteggere i civili e non esporli a una nuova spirale della violenza. Gli stati che si sono assunti la responsabilità di intervenire militarmente non possono permettersi di perseguire obiettivi diversi e devono agire con mezzi e azioni coerenti sotto il “coordinamento politico” dell’Onu previsto dalla Risoluzione 1973.

7. Ad attuare quelle decisioni ci doveva essere un dispositivo politico, diplomatico, civile e militare sotto il completo controllo dell’Onu. Quel dispositivo non esiste perché le grandi potenze hanno sempre impedito all’Onu di attuare quanto previsto dall’art. 43 della sua Carta e di adempiere al suo mandato. La costruzione di un vero e proprio sistema di sicurezza comune globale non è più rinviabile.

8. Non è questione di pacifismo. La storia e il realismo politico ci insegnano che la guerra non è mai stata una soluzione. La guerra non è uno strumento utilizzabile per difendere i diritti umani. La guerra non è in grado di risolvere i problemi ma finisce per moltiplicarli e aggravarli.

9. L’Italia ha un solo grande interesse e una sola grande missione da compiere: fermare l’escalation della violenza, togliere rapidamente la parola alle armi e ridare la parola alla politica, promuovere il negoziato politico a tutti i livelli per trovare una soluzione pacifica e sostenibile. L’Italia deve diventare il crocevia dell’impegno europeo e internazionale per la pace e la sicurezza umana nel Mediterraneo. Per questo l’Italia non doveva e non deve bombardare. Per questo deve cambiare strada. Subito.

10. Ricordiamo nuovamente quello che sta scritto nella Costituzione italiana. Art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.”

Flavio Lotti, Coordinatore nazionale della Tavola della pace

mercoledì 16 marzo 2011

150° dell'Unità d'Italia


Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò






lunedì 14 marzo 2011

venerdì 4 marzo 2011

Noi lo avevamo detto...