giovedì 5 settembre 2013

Dipendenze a Guardiagrele: tre anni persi (purtroppo)

Sentir dire dal sindaco che è pronto a collaborare con Punto Giovani sul problema droga come se si dovesse iniziare un nuovo percorso sinceramente mi atterrisce.

Non ho nessuno spirito polemico, ma non posso fare a meno di sottolineare che dall'insediamento dell'amministrazione Salvi (aprile 2010) l'azione sulle politiche giovanili è stata praticamente assente.

Mi si dirà che il Punto Giovani è stato finanziato, ma questo non è sufficiente.

Sono stato presidente dell'Associazione dal 1997 al 2005 quando sono diventato assessore ai servizi sociali fino al 2010.

In quel quinquennio ho investito gran parte delle energie e delle risorse per una azione continua e strutturata di coinvolgimento dei giovani volto a prevenire alla radice il fenomeno delle dipendenze.

Mi limito a citare tre iniziative che la nuova giunta ha semplicemente ignorato, nonostante ripetuti richiami.

Mi riferisco alla consulta delle politiche giovanili, ai forum sociali che hanno portato a Guardiagrele attori importanti anche sul fronte della lotta alle dipendenze (basta ricordare don Luigi Ciotti) e la convenzione con il CSV e l'associazione di genitori "Il faggio" di Chieti.

Con questi soggetti c'era un confronto assiduo e riscontravamo risultati positivi anche nel campo della prevenzione, valutabile in termini di risposta delle scuole e delle famiglie.

La mia riflessione è molto semplice: se questi progetti fossero stati coltivati, magari arricchiti di nuovi contenuti, oggi non dovremmo parlare come se tutto dovesse iniziare da zero. 
 
Condivido, quindi, l'appello di Carabella, presidente di Punto Giovani subentrato a me otto anni fa, quando invoca un sostegno da parte di tutte le istituzioni perchè è chiaro che ogni attore, ogni associazione deve avere nell'amministrazione comunale un interlocutore che collabori con continuità e convinzione e non estemporaneamente o agendo sull'emergenza.

Insomma, io non dico che a Guardiagrele i giovani (e forse non solo loro) si fanno per colpa dell'amministrazione, ma dico con assoluta convinzione che è stato buttato all'aria un patrimonio di relazioni faticosamente costruito che era il presupposto per una efficace rete di protezione.

La cosa che sconcerta è che su questo fronte non vi è stata la benchè minima iniziativa e nessuno ha mai spiegato perchè quello che era stato costruito non andava bene.

venerdì 5 luglio 2013

La Corte sul decreto "salva-Chiodi" non ha detto l'ultima parola

Con ordinanza n. 173/2013 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale promossa dal TAR Abruzzo in merito all'articolo 117, comma 4, lettera c) del decreto legge 98/2011.

Si tratta della norma "salva Chiodi" che, nel luglio 2011 stabilì l'approvazione per via legislativa del programma operativo 2010 che aveva stabilito la chiusura dei piccoli ospedali e che era stata appena annullata dal TAR.

Va subito detto che nè il Commissario nè la Regione Abruzzo possono cantare vittorria poichè la decisione della Corte Costituzionale non sancisce la legittimità di quella norma, ma dice, sostanzialmente, che non può decidere sull'illegittimità costituzionale per due fondamantali motivi.

In primo luogo perchè è pendente un giudizio di appello davanti al Consiglio di Stato cui compete una "preliminare verifica in ordine ai vizi riscontrati in primo grado". La Corte, in definitiva, sostiene che al Consiglio di Stato compete di stabilire se il Programma Operativo è legittimo oppure no con la conseguenza che chi pensa che la Consulta gli abbia dato il via libera commette un grave errore di valutazione tecnica. Insomma, non è vero che il decreto salva Chiodi ha salvato il Commissario perchè l'interpretazione dei suoi atti è ancora rimessa al giudice di appello. Anzi, la Corte dice pure che questa valutazione può essere fatta dallo stesso TAR che, interpretando la norma, ben può dire - ed è questo, a mio avviso, il messaggio fondamentale della Corte - che il decreto legge 98/2011 ha sì approvato il Programma Operativo, ma ne ha approvato il contenuto che ne viene fuori anche a seguito dei giudizi amministrativi. Detto in altri termini, è vero che il decreto legge 98/2011 approva il programma operativo e a questo fa rinvio, ma il contenuto del programma operativo non è necessariamente quello originario, ma può essere quello che deriva da pronunce giurisdizianali che ben possono modificarlo.

E veniamo al secondo motivo di inammissibilità. La Corte, facendo proprie le osservazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dà atto di "sopravvenienze normative" (il decreto legge 95/2012, la c.d. spending review, e il decreto legge 158, il c.d. decreto Balduzzi) che possono avere una incidenza sulla situazione generale che potrà essere valutata sia dal Consiglio di Stato in sede di appello proposso dal Commissario sia davanti al TAR nei giudizi di ottemperanza promossi per gli ospedali già chiusi e, quindi, non per quello di Guardiagrele. Su questo punto, però, è il caso di sottolineare che, come abbiamo detto più volte, il decreto sulla spending review ha già avuto piena attuazione ben prima che venisse approvato per il fatto che il programma operativo 2010 tagliò più posti letto di quelli previsti dal decreto 95.

E' probabile che la Regione e il Commissario si attendessero una vittoria su tutta la linea e, cioè, che la Corte dicesse che il decreto 98 è perfettamente conforme alla Costituzione, ma così non è.

La Consulta, come detto, ha ritenuto che, al momento (e, cioè, nell'ambito dle giudizio di ottemperanza promosso dal comune di Tagliacozzo), "la questione di legittimità costituzionale, nei termini entro i quali è stata sollevata e proposta, rinviene il suo indefettibile presupposto logico-giuridico nella definitività dell'accertamento della illegittimità degli atti del Commissario ad acta che, nella specie, è ancora controversa, poichè è ancora pendente il giudizio di impugnazione".

Insomma, la Corte ha detto che ci sono giudici che possono ancora dirci che il programma operativo è illegittimo e in questa decisione nessun valore avrà il fatto che il decreto legge 98/2011 lo ha approvato.

Se il Commissario e i Direttori Generali, quindi, pensano di poter andare avanti nelle loro decisioni di chiuura e riduzione dei servizi, commettono un grave errore di valutazione poichè la partita non è ancora chiusa.

Nell'ordinanza, poi, si dà atto di alcune interessanti osservazioni della Presidenza del Consiglio che sostiene che nessuna intromissione vi sarebbe stata nei poteri degli organi regionali "in quanto la Regione avrebbe potuto riappropriarsi dei poteri di riprogrammazione del piano di rientro e porre fine al commissariamento" e per il  fatto che il programma operativo è stato approvato in considerazione della necessità di riorganizzare la rete ospedaliera "nell'inerzia della Regione". Insomma, un macigno sulla coscienza del consiglio regionale che non solo è stato espropriato, ma che, pur potendo riprendersi i poteri di programmazione con un nuovo piano che avrebbe fatto anche cessare il commissariamento, è rimasto inerte.

Chiodi qualche giorno fa ci ha pure detto che le sue manovre non sono state dettate da motivazioni ragionieristiche; oggi la Corte Costituaionale ci dice che la Regione, pur potendo decidere, ha preferito delegare tutto al Commissario con le conseguenze in termini assistenziali che sono sotto gli occhi di tutti. Due circostanze, queste, che ci fanno ritenere ancor più gravi le colpe di una classe dirigente che ha deciso di non decidere e che non ha mai risposto quando anche noi abbiamo denunciato che il commissariamento doveva cessare e che la regione dovera riprendere in mano tutti i suoi poteri.

La nostra battaglia in difesa della sanità pubblica e dei piccoli presidi, quindi, ne esce ancor più rafforzata. La Corte non ha detto che quella norma è illegittima e neanche ha detto che il programma operativo è giusto. Ha detto che i giudici dovranno stabilirlo e noi, si sappia, non ci fermeremo, se necessario, neanche davanti al Consiglio di Stato perchè, se ci sarà richiesto dalle circostanze, non esiteremo a percorrere le altre strade che la legge ci consente.

Da questa puntata della lunga vicenda traiamo anche il convincimento che la gente deve essere informata e deve partecipare. Per parte nostra stamattina saremo davanti al piazzale dell'ospedale di Guardiagrele per continuare raccogliere adesioni alla nostra iniziativa legale che, oggi, ha bisogno di un sostegno ancor più forte. Allo stesso tempo diffidiamo chi deve decidere dall'adottare provvedimenti che vanno nella direzione di ulteriori chiusure e tagli perchè non è stata ancora detta l'ultima parola.

In termini concreti, è chiaro che i giudizi promossi da chi chiede la riapertura degli ospedali chiusi ben possono proseguire e tendere al loro obiettivo; quantoall'ospedale di Guardiagrele, certyamente non ci accontenteremo della stasi che la vicenda vive perchè se è vero, come è vero, che l'ospedale è aperto, esso deve essere messo in condizioni di funzionare con le dotazioni, anche di personale, necessarie. 

sabato 23 marzo 2013

Servizi sociali: Guardiagrele capofila. L'avevamo detto 3 anni fa!

Lunedì 25 marzo 2013 il Consiglio Comunale è chiamato ad approvare la delibera con la quale il comune di Guardiagrele diventa, di fatto, Ente d'Ambito Sociale, ente capofila dei comuni ancora appartenenti alla Comunità Montanaper la gestione dei servizi sicoali.

E' un fatto importante ed è motivo di grande soddisfazione. E' chiaro che ora si pongono problemi di carattere organizzativo perchè va consentito alla struttura di fare fronte anche a questooneroso impegno, ma si risolveranno; si dovranno risolvere.

Il riconoscimento di questo ruolo era chiaramente cotenuto nel programma elettorale della lista "Guardiagrele il bene in comune" (nell'immagine c'è uno stralcio) e ne ho fatto oggetto di due interrogazioni nel 2010 e nel 2011, senza avere mai risposta.

Guardare tre anni fa a questo traguardo (come il nostro gruppo ha fatto) era segno di una visione del futuro di una comunità che va oltre la ridotta prospettiva di qualche mese.

Ci avevamo visto giusto e qualcuno dovrà riconoscercelo.

Se l'amministrazione non lo farà, lo dico io, senza alcuna polemica, ma rinnovando la disponibilità a dare il nostro contributo.

domenica 3 febbraio 2013

Zio Piero e papà: il mio Pantheon del centrosinistra

Volontario della libertà e veterano garibaldino, durante i venti mesi di lotta partigiana condivideva con i giovani i rischi, le fatiche ed i pericoli della nuova epopea che ha portato all’abbattimento della tirannide e alla cacciata dell’oppressore. Fedele al suo credo di uomo libero che ha lottato e sofferto per l’ideale della libertà, organizzava i primi gruppi partigiani operanti in montagna ed in pianura e partecipava con essi ad audaci gesta gravemente scossero l’efficienza bellica del nemico. Benché perseguitato dalla polizia che temeva in lui l’indomito cospiratore, alimentava, sprezzante di ogni rischio, materialmente e spiritualmente i compagni che lottavano, mantenendo viva in essi, la stessa fiamma che ha fatto di lui l’apostolo perseguitato e benefico di ogni idea di “umana fraternità”, in Treviso, settembre 1943 – aprile 1945.


Questa è la motivazione della medaglia d’argento al valor militare che venne conferita, con Decreto del Presidente della Repubblica del 9 aprile 1949, a Pietro Dal Pozzo, allora deputato, per i meriti conseguiti in occasione della “guerra di liberazione”.

Pietro Dal Pozzo era lo zio di mio padre (fratello di Nonno Fermo) e papà ne parlava con orgoglio. Zio Piero (così lo chiamavamo) aveva come moglie una donna eccezionale: Dina (corsi e ricorsi storici!) Sernaglia, anche lei protagonista della resistenza di cui pure vorrei parlarvi.

Quel che mi interessa sottolineare è che queste sono le mie radici, ma soprattutto sono le radici della nostra democrazia.

Mi sono tornati in mente in questi giorni che ci separano da elezioni decisive e non mi sembra affatto di strumentalizzare la loro memoria. Del resto se ognuno può parlare dei suoi pantheon (ricordate, prima delle primarie PD, quando si aprì la discussione sul pantheon del centrosinistra?), io vi dico chi, secondo me, ci farebbe davvero una bella figura.

Ebbene, nel pantheon del centrosinistra, oltre a mio padre (che nel 1973, abbandonando una DC che lo aveva deluso, mise in piedi la prima vera giunta di centrosinistra a Guardiagrele), io ci metto un eroe della resistenza che era suo (e mio) zio.

E a questo punto mi chiedo, se zio Piero ha lottato in quel modo (perché la sua è stata una vita a dire poco complicata), perché io devo disperdere quel patrimonio?

Se tanti come lui hanno dato letteralmente la vita per quell’idea, come posso io permettermi di mandare all’aria quel sacrificio.

Se devo tradurre in una scelta per l’oggi quell’impegno, io credo che l’unica possibile, utile, per il cambiamento, è per il “mio” Partito Democratico.

L’idea del PD è quella in cui credo. Il progetto del PD è quello che desidero. Le scelte del PD sono quelle che condivido, anche per il mio futuro.

Chi si candida per il PD ha, poi, questa enorme responsabilità: quella di difendere e non tradire (con le parole e soprattutto con i fatti) gli ideali per i quali zio Piero si è speso, nei quali mio padre ha creduto e per i quali anche io oggi, con molti amici, mi batto.

Tutto questo io sono e voglio continuare ad essere…

domenica 27 gennaio 2013

Biomasse: non si può fare!

Queste sono le conclusioni dello studio della Bioacademy trasmesso al comune di Guardiagrele il 1° marzo 2012 (prot. 4213).
Cosa può essere cambiato rispetto a un anno fa?