lunedì 2 luglio 2012

Appello all'università

Il congelamento dell'atto aziendale ottenuto la scorsa settimana a seguito del nostro ricorso, impone di guardare al futuro del nostro ospedale e del sistema ospedaliero della provincia.

Prima della decisione che la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato dovranno pronunciare (chissà quando!) sul futuro del piano Chiodi-Baraldi, sarà difficile che la ASL possa adottare decisioni definitive nel senso della chiusura del SS. Immacolata. Ci pagherebbe il disastro sociale creato dalla chiusura di un ospedale che doveva restare aperto? Chi potrebbe onorare gli obblighi derivanti da responsabilità economiche o contabili di siffatte decisioni?

Dopo l'esito nel merito dell'ultimo ricorso (che non è stato rigettato, ma semplicemente sospeso con la sentenza depositata venerdì scorso), è opportuno che, per superare l'incertezza, si riprenda in mano la programmazione del 2008 che aveva dato un futuro e una missione ai tre presidi della ex ASL di Chieti.

Questa partita non è affatto di retroguardia come insegna, ad esempio, il Piano Sanitario del Piemonte, regione in Piano di Rientro che ha previsto nella sua programmazione approvata appena due mesi fa la possibilità di istituire ospedali distribuiti su più presidi come doveva essere per il sistema Chieti-Guardiagrele-Ortona.

Noi insistiamo con forza e chiamiamo in causa l'Università in questa fondamentale sfida che, anche da un punto di vista scientifico, può essere un interessante terreno di confronto per il mondo accademico.

Il Piano Sanitario del 2008 prevedeva l'aziendalizzazione del SS. Annunziata in una logica di integrazione dei tre nosocomi. La legge sul terremoto prima e la creazione della ASL provinciale poi hanno bloccato questo disegno. Sono decisioni che abbiamo denunciato nei nostri atti legali.

Il fallimento della programmazione di Chiodi, però, deve imporre una riflessione sul futuro in modo da uscire da questo stallo con una prospettiva che valorizzi e qualifichi l'esistente motivando gli operatori oggi lasciati allo sbando.

Tornando al rapporto con l'Università, nel fare gli auguri al nuovo rettore, il prof. Carmine di Ilio, preside di Medicina, con il quale lo scorso anno abbiamo avuto modo di approfondire questo argomento, è necessario che si comprenda che la formazione di una nuova classe medica di qualità può andare di pari passo con la promozione di un servizio sanitario che risponda alle effettive esigenze dei pazienti.

Mi domando se all'Università convenga fare ricerca e formazione all'interno di un presidio, quello di Chieti, che ormai squalifica la stessa dignità del paziente e impedisce,per le note condizioni di affollamento e degrado, di fare l'eccellenza cui il policlinico doveva essere vocato, o, piuttosto, all'interno di una moderna struttura come quella di Guardiagrele con la quale è possibile portare avanti un lavoro proficuo.

Se questo è stato possibile per la clinica psichiatria è altrettanto possibile per la geriatria universitaria, che trova spazio nella struttura di Guardiagrele, e può esserlo per tutti gli altri settori, anche dela diagnostica (laboratorio analisi e radiodiagnostica).

In questa fase che inibisce qualsiasi iniziativa che vada nella direzione della chiusura, quando ormai in tanti devono prendere atto del fallimento della politica di Chiodi, quando mancano ancora fondamentali snodi del servizio sanitario e quando sembra ormai chiaro che il futuro è nella integrazione dei presidi ospedalieri vicini, anche nella logica della differenziazione dell'intensità di cura, tutti gli attori sono chiamati a svolgere il proprio ruolo cercando di individuare anche nelle strutture "minori" occasioni di ricerca, sperimentazione, formazione che per varie ragioni possono dare ottimi risultati o, addirittura, profitto.

Ecco perchè l'Università va chiamata in causa e noi lo facciamo memori del contributo che professionisti della qualità di Filippo Maria Ferro (al quale abbiamo conferito la cittadinanza onoraria) possono dare alla sanità e alla scienza servendosi di strutture che possono dare molto.

Se Guardiagrele non ha avuto il futuro che tutti speravano spesso è stato perchè in passato si è considerata questa sede squalificante, ma noi oggi sappiamo che ciò che squalifica non è la sede nella quale si opera, ma le condizioni alle quali si è costretti a lavorare e simao certi che professionisti e servizi di qualità in tanto possono esistere in quanto hanno modo di nascere e svilupparsi in contesti come il nostro.

Ecco perchè proprio nei piccoli ospedali è possibile fare la sanità di qualità che il cittadino esige come diritto fondamentale.

Se la politica percepisse e spingesse verso questo obiettivo, è probabile che il modo di concepire la sanità anderebbe incontro a meno fallimenti.