giovedì 29 aprile 2010

Mi interessa!

Continuare ad interessarmi della mia città: questo è il mio impegno.

E’ bello rendermi conto del fatto che la cosa non mi crea nessuna difficoltà se non quella – e, purtroppo, non è assolutamente trascurabile – che, almeno per ora, non posso farlo da amministratore.

Ma la politica è darsi alla propria terra e questo ho fatto da tanto tempo e intendo continuare a fare.

Ecco perché dico ancora: “Mi interessa” (il famoso "I care" di don Milani, ricordate?)

Cosa mi interessa?

Ad esempio come far funzionare la casa di accoglienza della Caritas, come far funzionare il rapporto tra chi nella mia città si interessa di servizi alla persona, come far capire a chi non conosce certe “dinamiche” quanto sia importante fare rete, come sia un imperativo per tutti occuparsi dei poveri.

E mi interessa essere protagonista, insieme a tanti altri, della festa che si accinge a celebrare il nido d’infanzia il prossimo 6 maggio quando condividerà il traguardo di venticinque anni di attività educativa a Guardiagrele.

E mi interessa dare il mio contributo a far nascere o crescere alcune realtà associative di Guardiagrele che hanno chiesto la mia collaborazione.

Mi interessa Guardiagrele!

domenica 25 aprile 2010

25 aprile: ora e sempre Resistenza!

Cari amici,
mi accingo a condividere con voi alcune brevi considerazioni nella cornice della solennità civile della festa della liberazione.

Trovarsi qui a fare memoria e fare festa al tempo stesso è la risposta più coerente che noi dobbiamo a noi stessi, figli del sacrificio di quegli anni, di quei mesi; figli di un sacrificio che ha bagnato di sangue anche le pietre delle nostre case.

Fare memoria, come abbiamo detto in tante occasioni, vuol dire riattualizzare ciò che celebriamo; è, quindi, come se oggi si ripetesse e rinnovasse ciò che accadde quando i partigiani sfilarono nella Milano appena liberata, è come se oggi stessimo eseguendo l’ordine di insurrezione generale del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia, è come se oggi seguissimo i gruppi di partigiani entrare nelle città, è come se fossimo in compagnia dei patrioti della Maiella.

E’ come se oggi, come il 9 giugno del 1944 con quei patrioti entrassimo nella Guardiagrele liberata o, ancora, se fosse oggi la notte tra il 4 e il 5 dicembre 1944 che li vide conquistare Brisighella, o il 21 aprile dell’anno dopo Bologna, il 1° maggio Asiago.

Quali città e quale Nazione avevano in mente i partigiani, i protagonisti della guerra di liberazione, gli attori della Resistenza, i patrioti della Maiella?

Quale idea di Italia avevano in testa persone poco più che adolescenti (ma certamente mature e compiute) che, come Domenico Troilo, appena 22enne, volevano certamente vivere in pace ma avevano ben capito chi era il nemico, contro chi dovevano combattere, quale futuro poteva attenderli dopo averlo definitivamente sconfitto?

Vado subito al dunque perché è necessario, oggi come mai prima, capire il senso di questa festa. E vado al dunque perché ciò che temo di più è il ritornello che inevitabilmente si ripropone, da qualche anno, ogni 25 aprile (come anche il 27 gennaio e il 10 febbraio).

I partigiani, i patrioti della Maiella, avevano scelto una strada difficile; una strada che, anche attraverso la morte, avrebbe restituito umanità ad una storia che era divenuta disumana.

Avevano capito che la libertà era il bene da acquistare ad ogni costo, senza cedere a nessun compromesso.

Lo aveva ben chiaro in mente, ad esempio, Sandro Pertini, come disse il 9 luglio 1978 nell’insediarsi alla Presidenza della Repubblica. Se qualcuno gli avesse offerto, lui socialista da sempre, la più radicale delle riforme sociali a prezzo della libertà, lui l’avrebbe rifiutata perché la libertà , per la quale aveva, da partigiano, lottato e sofferto la prigionia, non può essere barattata.

E la libertà non poteva che essere quella per la quale la Resistenza era nata e per la quale, a prezzo della vita, quei giovani erano disposti a combattere.

Ce lo dice in maniera chiara Piero Calamandrei, anche lui padre della Repubblica, quando, esortando i giovani, dice loro che se vogliono andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, devono andare nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. “Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità – dice Calamandrei - , andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.

Quella è la fonte, quella è la radice, quello è il riferimento certo al quale guardare senza timori o tentennamenti e, soprattutto, senza rischi di cambiare rotta o con la presunzione di leggere i fatti con una lente che vuole, in nome di una pacificazione nazionale, cancellare la storia.

Il fatto di sottolineare che è dal movimento collettivo e spontaneo della Resistenza che nasce la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo non significa dire che il 25 aprile è una festa parziale perché non è di tutti.

Il fatto di invocare un movimento di riunificazione ideale magari anche azzardando la proposta di dare a questo giorno un nome diverso non tiene conto del fatto che la Resistenza, i Partigiani e, tra essi i Patrioti della Maiella, non lottarono per se stessi ma per tutti. Il riscatto della nazione dalla dittatura fascista era un riscatto che essi volevano e ottennero per tutti. La libertà che vagheggiavano e che, per dirla ancora con Pertini, era consustanziale alla giustizia sociale, era un bene contro il quale si combatteva da venti anni e si continuò a combattere per due anni, fino alla liberazione. Ma era una libertà per tutti. I diritti che quei patrioti volevano erano tutti i diritti per tutti altrimenti non sarebbero mai stati.

Se si parla di una festa di parte non è perché fu il risultato di una lotta che non coinvolse tutti. E’ perché di quella vittoria si sentirono orfani quelli che fecero una scelta diversa, quella che insisteva ancora in un errore che durava da troppo tempo.

E quella scelta diversa, al di là della pietà per i defunti che va a tutti tributata, fu una preferenza sbagliata allora e che va ritenuta ancora oggi sbagliata perché contro l’interesse della Nazione.

Questo è il motivo per il quale la festa della liberazione non va coinvolta in pericolosi tentativi di improbabili revisionismi che tendono a porre sullo stesso piano le varie opzioni che dopo l’armistizio si posero davanti agli italiani. Ce lo ha ricordato con insistenza Carlo Azeglio Ciampi nei suoi ripetuti appelli del recente passato.

Noi, tutti siamo dalla parte dei patrioti che capirono che per vivere da uomini bisognava essere anche disposti a morire da uomini. E abbiamo la certezza che quella scelta – lo ribadisco – non aveva una parte da difendere, ma un bene collettivo, il bene della Nazione che risorgeva.

Quei patrioti avevano fatto quello che dovevano fare perché avevano in mente qualcosa che andava oltre il loro personale orizzonte o quello limitato di una parte; questo li faceva essere “partigiani senza partito e soldati senza stellette”.

Ecco perché – lo ribadisco – non si può affermare con disinvoltura che, poiché in molti morirono, pari sono il sangue dei vinti e il sangue dei vincitori o - il che certamente appare cosa peggiore – partigiani e nazi-fascisti erano la stessa cosa.

A noi interessa sottolineare che tra la Resistenza e le strutture del ventennio c’è una differenza. Parliamo di categorie che erano e sono diverse, antitetiche e, quindi, non assolutamente parificabili in un tutto indistinto in nome di una pacificazione nazionale o di una improbabile e improponibile “festa della libertà” che – questa sì – evoca scenari affatto ecumenici e universali.

Lo diceva bene don Lorenzo Milani, nella sua lettera ai cappellani militari, quando invitava a rispettare la sofferenza e la morte ma aggiungeva: “Davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima”.

La memoria pacificata
, quindi, è, innanzitutto una memoria che parte dalla verità, una verità che va insistentemente cercata e non opportunisticamente rivista, una verità che disegna i tratti reali dell’edificio che oggi ci ospita e che fonda sulla lettera della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza e dall’antifascismo.

Da un impegno, cioè, che deve vederci vigili e attenti, pronti a rispondere sempre sì quando la coscienza ci chiede se sia necessario incontrarsi – come oggi – per fare festa, per celebrare la memoria della liberazione.

Un impegno instancabile, come quello di Domenico Trailo o di Francesco Ciccuccio Ranieri che ha letteralmente custodito questa memoria facendosi carico, letteralmente adottando il monumento alla Brigata Maiella.

Un impegno contro le strutture di un totalitarismo diverso ma non meno pericoloso di quello abbattuto 65 anni fa; un impegno per proteggere le strutture di quella giustizia sociale che – lo ricordavamo – è consustanziale alla libertà.

Un impegno che deve e dovrà farci capire dove e come la libertà ancora oggi è vilipesa ogni volta che i poteri dello stato sono aggrediti, i diritti sociali messi in discussione, il diritto di raccontare il marcio che ci circonda considerato uno spot negativo per l’Italia, la fuga dalle responsabilità attraverso la scorciatoia di leggi illegittime.

Contro queste aggressioni anche qui, anche noi vogliamo costruire il nostro monumento.

Anche qui, anche noi vogliamo essere ciascuno al proprio posto, proprio dove e, soprattutto, come ciascuno deve esserci, vivi e collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre resistenza (Piero Calamandrei).

venerdì 23 aprile 2010

La Resistenza: un bene in comune.

Quando sembra che le radici della nostra democrazia siano state dimenticate, abbiamo il dovere di farne memoria con maggiore forza.

L’iniziativa del 25 aprile promossa dal gruppo consiliare “Guardiagrele. Il bene in comune” va in questa direzione. La strada è tracciata, per me…per noi, dal 1945 e, anzi, dal momento in cui è iniziata la lotta partigiana.

Su questa strada abbiamo camminato anche negli ultimi cinque anni, nel silenzio di chi oggi governa e invita alla riflessione sui valori fondanti della Nazione.

Alla nostra identità, che è identità collettiva, noi non vogliamo rinunciare.

Ecco perché la Resistenza è un bene in comune…e le parole di Calamandrei che abbiamo riportato sul manifesto stanno a ricordarcelo.

Era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.

Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.

mercoledì 21 aprile 2010

Perchè una fondazione?

La fondazione muove i suoi primi passi.

Entro la prossima settimana sarà pronto lo statuto e, dopo avere concordato la data, andrò dal notaio per l’atto pubblico.

Oggi ragionavo su un aspetto dell’operazione: perché una fondazione e non un’associazione?

La risposta è semplice.

La fondazione, strumento nuovo nel panorama locale (se si fa eccezione della Fondazione CariChieti vicina a tante iniziative culturali della città), pur avendo una organizzazione meno elastica, si pone come collettore di risorse per sostenere iniziative proprie (i forum, ad esempio) e progetti sociali o culturali proposti da altre “attori”.

Mi spiego meglio.

E’ inutile costituire un’associazione per fare concerti o teatro, per i giovani o per gli anziani…Guardiagrele offre moltissimo da questo punto di vista.

L’obiettivo ambizioso che mi pongo è di creare un momento di incontro per e tra queste realtà (e non solo).

Spero di farcela.

lunedì 19 aprile 2010

Oggi è il mio compleanno!


Oggi è il mio compleanno

Questa è una delle occasioni nelle quali si pensa a progettare, a pensare come lo stesso giorno dell’anno successivo ci troverà.

Per trasformare le idee in progetti oggi ho lavorato in varie direzioni:

l’impegno politico: stamattina, come ogni giorno ho fatto e farò, sono andato in comune. Questa volta era per avere informazioni sull’elettrodotto che forse attraverserà anche il territorio di Guardiagrele;

la fondazione “Civitas”: ho preso appuntamento con il notaio per buttare le basi dell’atto pubblico per costituirla, ho iniziato a studiare il sito web e ho fissato la data del primo incontro con un noto giornalista RAI...sarà il primo appuntamento del forum di questa primavera;

il volontariato: mi sono nuovamente buttato in questo mondo con una veste diversa. Stasera riunione della Caritas;

la professione, che in queste settimane mi vede alle prese con novità che mi hanno portato anche ad allontanarmi da Guardiagrele;

la famiglia, senza la quale nessuna di queste passioni potrebbe avere concrete possibilità di realizzazione.

Grazie alle tante persone che mi hanno voluto fare gli auguri…quando li ho letti ed ascoltati io non pensavo solo al mio compleanno!

sabato 17 aprile 2010

W la banda!

Stasera, nella sala consiliare del comune, i ragazzi del Corso di formazione musicale promosso dalla "Banda Città di Guardiagrele" hanno presentato il saggio di fine anno.

Questo è il testo della lettera che ho inviato al Presidente della Banda che mi aveva invitato a partecipare.

Caro Presidente,
La ringrazio di cuore per il cortese invito al Concerto finale degli allievi del Corso di formazione musicale promosso dalla Sua Associazione.

Purtroppo, per motivi di natura personale non potrò essere presente alla manifestazione e di questo mi scuso.

Intendo, tuttavia, farLe giungere i sensi del mio più sentito apprezzamento per l’iniziativa che è certamente il segno visibile di un convinto impegno, Suo e dei Suoi collaboratori, per la nostra città.

Come ebbi a dire in occasione del saggio dei Suoi ragazzi di qualche mese fa, un progetto che riesce a coinvolgere le forze giovani e, quindi, più vive della città, va sostenuto e incoraggiato perché costituisce un importante mezzo per costruire una città meno fragile. Lei sa bene, infatti, che tra le tante fragilità che segnano la nostra città, vi è anche quella legata al futuro dei nostri ragazzi.

Ecco, io credo, e ne sono convinto, che la Sua Scuola di formazione musicale sia uno strumento che, oltre a curare la crescita artistica dei giovani che ne fanno parte, può, allo stesso tempo, favorire una formazione più ampia, quella cioè, che prepara alla vita.

Con l’occasione Le confermo i sensi della mia stima che vorrà estendere all’intero Sodalizio, al Presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Chieti, che ancora una volta dimostra la Sua sensibilità, e a tutti i Suoi gentili ospiti. Le assicuro, infine, che, seppure in una veste diversa rispetto a quella ricoperta fino a qualche settimana fa, troverà in me il massimo appoggio che potrò continuare ad offrire.

Nel pregarLa di manifestare ai giovani artisti il mio incoraggiamento e scusandomi ancora per la mia assenza, Le giungano le più vive e sincere cordialità.

venerdì 16 aprile 2010

Io sono con Ayala e Cantone

Quando il presidente del Consiglio, ancora una volta, torna a dire che il nome dell'Italia è messo cattiva luce anche dai libri che parlano della criminalità organizzata, vuol dire che la pensa proprio così.

Vuol dire, quindi, che ritiene che non sono necessari. Che non serve parlarne perchè, anzichè denunciare, è meglio tacere.

Allora si rivelano inutili anche tutti gli approfondimenti sui temi della legalità e della lotta alla criminalità: è tempo perso, come Alfano ha detto facendo eco a Berlusconi.

A me risulta il contrario. Di questo tema ho parlato con alcune personalità che hanno fatto visita alla nostra città negli anni scorsi.

Vi dico la verità, quindi: io sono con Ayala e con Cantone (foto), tanto per ricordare gli ultimi ospiti dei forum che non erano e non saranno perdite di tempo.

Ecco perchè sono ancora più convinto che devo continuare su questa strada.

mercoledì 14 aprile 2010

Il mio intervento al primo consiglio comunale

Nel ringraziare Sua Eccellenza il Prefetto, le Autorità presenti, l’intero Consiglio e i cittadini, dico al loro che leggo questo intervento perché meglio possa trasmettervi il senso di quello che penso in questo momento; per evitare il rischio di un ragionamento disordinato; per consegnare alla città un progetto di opposizione che oggi inizia in modo direi solenne; e perché penso che ciò che si compie oggi non è solo per noi ma è qualcosa che ci consegna alla storia di una città, la nostra e la vostra città.

La seduta inaugurale del Consiglio Comunale è, infatti, occasione e motivo per un approfondimento che, lette con sguardo sereno e severo le pagine del recente passato, necessariamente ci porta a guardare al futuro.

Dopo cinque anni di lavoro appassionato e convinto, fisicamente anche stancante ma umanamente senza dubbio arricchente, mi trovo, grazie alla fiducia degli elettori, a sedere tra i banchi di un eccezionale gruppo di opposizione nei confronti del quale già mi sento in debito.

In debito perché anche da loro traggo la convinzione (gli eletti che saranno in prima linea e l’intero gruppo, a partire dalle tante forze giovani che ci sono vicine), sin da subito, della necessità di proseguire un progetto appena iniziato, un programma impegnativo ma non meno entusiasmante di quello che avremmo portato avanti nel caso dell’elezione di Angelo Orlando come sindaco di Guardiagrele.

Cinque anni fa ci si profuse in una discussione su quanti cittadini l’amministrazione rappresentasse: un terzo, la metà, pochi, tanti. La legge ci consegna questo risultato: a noi non piace perché non piace la proposta, il modello che ci si presenta, quello che abbiamo letto nel programma del nostro avversario politico. Ma è un risultato che rispettiamo, sul quale discutiamo e discuteremo, se e dove sarà ancora necessario. E rispettiamo la città che ha fatto la sua scelta all’esito di una lunga campagna elettorale oggi finalmente terminata ma della quale sarà bene non dimenticare gli effetti, negativi in molti casi ,perché indice di una frattura che sarà difficile sanare.

Nell’incontro, del tutto irrituale, convocato per il giorno di venerdì santo, il dott. Salvi ci ha invitato ad abbassare i toni e a rasserenare il clima. Lo ripete questa mattina sulla stampa invitando l’opposizione a non fare polemica.

Dico subito questo: l’esperienza maturata in questi anni e, ancora di più, quella acquisita da una conoscenza direi quasi capillare della nostra città, mi porta a dire che la polemica che ci accingiamo ad iniziare e che, anzi, è già iniziata, non va nella direzione di un ingiustificato e inutile o, peggio, pregiudiziale risentimento ma nel senso del combattimento, aspro se e quando sarà necessario, per la difesa di un progetto – lo ricordavo all’inizio – per il quale ci spenderemo senza nessun risparmio di energia.

E l’unico obiettivo sarà sempre e comunque il bene comune della nostra città. Del resto, se questo è il nome che abbiamo dato al gruppo, non è certamente un caso e non è una enunciazione o uno slogan: è un impegno preso!

Tornando all’invito ad abbassare i toni, credo sia necessario un passaggio che forse è presto da consegnare alla storia perché è ancora cronaca. Noi ci siamo trovati costretti a difenderci da attacchi duri, ingiustificati, volutamente scollegati dalla realtà dei fatti, al limite di ogni senso del vivere civile. Dove per vivere civile voglio intendere un luogo, uno spazio nel quale la libertà di ognuno si misura con la capacità di rispettare persino il nemico alla luce delle norme che regolando ogni comunità di uomini.

Già, il rispetto delle regole: questa è la nostra bussola; è stata, è e sarà la nostra bussola. Una bussola che ci permetterà di navigare guardando ad orizzonti ben più ampi dello scontro tra maggioranza e opposizione, ben più alti della contesa tra chi amministra e chi deve controllare.

E questo sarà possibile perché sapremo guardare attraverso la lente della Costituzione repubblicana, la legge fondamentale, il criterio di giudizio e di misura dell’agire civile, il precetto sempre nuovo che ispirerà la nostra azione. La Costituzione che non è lontana, neanche nel tempo: è quella che ci dice qualcosa che forse non a tutti piace come quando richiama il valore dell’unità, anche dell’unità nazionale messa in discussione in modo più o meno latente dalle forze politiche che si reputano nuove ma che hanno fatto del vecchio il loro metodo…

E qui faccio alcune domande alla maggioranza, alla giunta neo eletta, a chi la guida: credete voi nel valore dell’unità nazionale? O volete avventurarvi, seguendone i precetti, lungo la strada che la Lega Nord propaganda in maniera persino spudorata? Pensate che Guardiagrele possa essere una città grande inserita in un contesto più ampio o sosterrete anche voi l’indipendenza della Padania?

Non è retorica, questa, ma senso della realtà. Abbiamo detto in tante occasioni che l’inizio di realizzazioni pericolose e antistoriche è nella vita di tutti i giorni, nei ragionamenti che le persone fanno quotidianamente e se nei ragionamenti di ogni giorno trovano spazio queste categorie, le domande che ho fatto si colorano di eccezionale concretezza.

Il senso della realtà, poi, ci parla della necessità di riservare una attenzione particolare alle fragilità che ci circondano.

Guardiagrele è una città grande, plena bonis, come dice il nostro motto e come raccontano la sua storia, quello che il passato ci ha consegnato, quello che in questi anni abbiamo raccolto, documentato e offerto agli studiosi in sedi nelle quali mai Guardiagrele era entrata.

Ma Guardiagrele è una città fragile, fatta di persone, fatta di uomini e donne, vecchi e bambini che attendono ogni giorno un aiuto, non solo economico.

Come la mettiamo? Come la mettiamo se si insiste a dire che va tutto bene e che tutto si supera con l’ottimismo e con il sorriso?

Noi non possiamo dimenticare che la vostra compagine si riconosce in un governo regionale e nazionale che nega quotidianamente le difficoltà dei lavoratori, ormai spesso ex, di chi ha figli senza avere lavoro, di chi soffre solitudine senza avere i mezzi necessari per pensare a se stesso; che nega quotidianamente persino gli appelli del mondo dell’impresa.

Invece, cari amici, rassegnatevi al fatto che Guardiagrele è una città fragile, una città che va diventando una comunità caratterizzata dal forte rischio di assenza di relazioni, nella quale alla modernità e alla competitività (creata e generata dalle enormi capacità anche imprenditoriali), si contrappone il dissolvimento dei legami tra le persone e tra i gruppi; una città nella quale questo pericolo – che è il vero pericolo – è tanto più serio quanto più si fa riscorso, persino da parte di chi è visto come persona credibile per il ruolo che ricopre o per l’attività che svolge, al metodo della mistificazione e del travisamento dei dati di fatto.

Noi abbiamo lavorato per limitare questi danni, e lo abbiamo fatto con lo stile che ci è proprio: quello dell’incontro ad ogni costo, della relazione personale cercata con insistenza, persino quello del petulante invito ad incontrarsi, a confrontarsi a costruire insieme.

Abbiamo ottenuto risultati perchè abbiamo ragionato secondo il metro della novità e questo ci ha dato ragione.

Lo abbiamo fatto – per dirla con Bonomi – guardando negli occhi delle persone che ci fanno paura, che ci fanno chiedere se veramente anche qui sia possibile tutto questo: abbiamo superato la fatica di guardare in faccia il povero, perché anche noi sentiamo il rischio della povertà; il malato psichiatrico, perché forte è il rischio del disordine mentale; l’immigrato, perché spesso capita di sentirsi stranieri in patria; il disabile, perché anche noi viviamo la realtà di una relazione difficile con chi vive quel problema; l’anziano, perché pensiamo al futuro che ci attende; il giovane, perché anche questa città assiste ad una deriva spesso pericolosa; il bambino, perché non abbiamo troppe garanzie per il loro domani; gli adulti, famiglie o singoli, su cui pesa ognuna di queste fragilità…

E voi? Li guarderete in faccia i poveri, i matti, gli immigrati, i disabili, gli anziani, i giovani, i bambini, gli adulti? Come li guarderete in faccia? Vi accorgerete di loro? Sentirete i loro sussurri? Cosa gli direte? Metterete in campo strutture di solidarietà capaci di proseguire sulla strada dell’accoglienza o vi consolerete dandogli una pacca sulla spalla magari invitandoli a non essere pessimisti e a sorridere alla vita? Sarete capaci di inventare il loro futuro o la vostra, se sarà possibile e se persino ci crederete, sarà solo assistenza? Con quale metro misurerete questa realtà?

Noi continueremo sulla nostra strada, continueremo a dare voce a questi sussurri e non alle grida. Vigileremo con un’attenzione che neanche immaginate. Verificheremo cosa ne farete degli strumenti che noi abbiamo costruito. Vi ricorderemo ogni volta che il regolamento che consente di dare loro un concreto sostegno lo abbiamo scritto noi e che voi, quando nel 2007 lo abbiamo portato in Consiglio, vi siete astenuti, lo avete giudicato male.

Ora cambiatelo, fate di meglio! Noi saremo severi ogni volta se cancellerete, anche solo nei fatti, una sola delle garanzie che abbiamo scritto in quelle carte. Carte che spetta a voi consultare, che spetta a voi far parlare; nelle quali troverete principi che ci sono cari, che appartengono a tutti ma che da oggi, per il ruolo che avete, dovranno camminare anche sulle vostre gambe.

Noi speriamo davvero che sarà così. Lo auguriamo prima di tutto a questa città fragile per la quale continuerò e continueremo a spenderci senza nessun risparmio di energia.

Perché, come dicevo nel primo Consiglio comunale dell’aprile 2005, questo è il mondo dal quale veniamo e al quale ogni giorno siamo tornati e torneremo.

Voi da dove venite? A quale mondo appartenete? In quale mondo volete tornare ogni giorno?

Noi indagheremo con scrupolo – sappiamo leggere le carte – sulla sorte di queste difficoltà e cercheremo di capire se avrete la serenità e la libertà di lottare, di combattere per la difesa di questi diritti, diritti umani, prima di tutto. A partire dalla salute.

A questo proposito vi dico questo. Verificheremo con severità cosa ne sarà degli impegni assunti, anche da voi, il 10 settembre dello scorso anno quando anche voi vi siete battuti per difendere un piano che dava all’ospedale di Guardiagrele una indentità forte. Lo avete approvato anche voi e con noi avete contribuito alla raccolta di 6700 firme.

Ma lì non si parla di “ospedale spalla” (la proposta che il Direttore Generale è venuta a farci in campagna elettorale, nella vostra campagna elettorale).

Cosa direte alla città, adesso? Quale è la vostra posizione? Avrete il coraggio e la libertà di contrastare una Direzione che annuncia una rivoluzione contrastando persino la legge che è ancora in vigore? Avrete il coraggio e la serenità di contrastare un Commissario regionale (il presidente della Regione) che, insieme ai suoi collaboratori, sa solo gioire per avere piazzato una bandierina blu su Guardiagrele?

Con coraggio e coerenza, invece, annunciate il blocco di alcune decisioni importanti per Guardiagrele, quelle legate alla pianificazione urbanistica della città.

Lo avete detto e lo farete. Bene!

Ma oggi, cosa dite e cosa direte a chi, rivolgendosi agli uffici, comprende che i timori seminati non erano fondati? Quanto dovrà ancora attendere Guardiagrele prima di realizzare un’attesa che dura da anni?

Risposte serie le attendiamo e le attenderemo su tutto.

Che ne sarà della nostre scuole? Quale attenzione dedicherete alle associazioni? Alle forze sociali? Alle organizzazioni di categoria?

Che idea avete in mente di Guardiagrele?

Come vi porrete verso la provincia, la regione, il governo quando noi vi faremo presente che continuano a tagliare i trasferimenti? Farete rumore se diminuiranno ancora – la tendenza è in atto – le contribuzioni ai comuni? Sarete in prima linea per difendere un federalismo che inevitabilmente metterà in ginocchio una regione che non ce la fa già oggi a mantenere tutti i servizi con le sue sole entrate? O contrasterete con forza il tentativo di rompere una unità che ha tra i suoi frutti anche la solidarietà? Cosa ne sarà del patrimonio culturale?

Su tutto questo vi chiameremo, senza tregua, a rispondere ogni giorno, anche più volte al giorno, di fronte alla città. E, per favore, non continuate a chiedervi se ce l’abbiamo con voi…Voi dovete fare il vostro lavoro; noi faremo il nostro!

Questa aula è, come ogni luogo della città, uno spazio per la verità e la franchezza; per la verità negli atteggiamenti e nei rapporti; per la correttezza istituzionale, ma, soprattutto, per parole e atti pensati, detti e fatti in spirito di servizio per la città. Uno spirito che, non negando e, anzi, rivendicando la differenza tra due modi di intendere il futuro della nostra città, mi consente comunque di augurare al primo cittadino e alla sua giunta buon lavoro.

Lo dico con sincerità e con la consapevolezza che questo non è il momento dell’ipocrisia. Mi interrogo su quale può essere il vero senso di una “opposizione costruttiva”. L’ho fatto fino a poco fa quando ho sentito una delle persone divenute amiche grazie al lavoro di questi anni. Mi ha chiesto di darle una mano, di seguire il progetto iniziato, quello per un gruppo di giovani della nostra città.

Su questo e su mille altri fronti, devo collaborare con la giunta, supportarla nel lavoro che l’attende? Devo forse augurami un loro insuccesso? Devo disinteressarmi e stare alla finestra? In questa trappola non cado, ma non siamo e non saremo la stampella invisibile di chi ha voluto prendere in mano il governo della città e oggi ha la responsabilità di amministrarla.

L’impegno nella città continuerà in questo ruolo e in un impegno che viene da lontano. Per queste persone, si continuerà a lottare. Per quei sussurri che attendono solo di essere ascoltati e capiti.

Non so essere ipocrita e, per questo, ho parlato in questi termini.

Auguro, quindi, a voi e a noi un lavoro convintamene ispirato alle categorie del bene collettivo e della promozione convinta della partecipazione della gente.

Concludo con alcuni grazie, grazie che non sono un commiato: sono il senso di un impegno che ha radici solide, fondate su relazioni vere, fondate sulla certezza di un futuro che non tarderà ad arrivare…

Dico grazie a chi mi ha dato fiducia cinque anni fa; a chi mi ha sostenuto e mi sostiene oggi; a chi ha collaborato con intelligenza e con senso di novità a migliorare Guardiagrele; a chi ho incontrato personalmente in tante circostanze, anche dolorose; a chi ha capito quelle deve essere la prospettiva per la città; a chi ancora crede che la politica possa essere profezia a chi, quindi, come ho detto nelle scorse settimane, vorrà costruire con noi un patto sociale che ci fa vedere e ci farà vedere nel presente quello che voi non vedete e ci fa dire e ci farà dire al presente quello che voi non volete ascoltare.

Grazie.

lunedì 12 aprile 2010

Quando il lavoro ti cambia la vita

Da alcuni giorni non mi faccio vivo.

Sono stato in Friuli per motivi di lavoro e mi sono trovato a visitare due luoghi di cui ho spesso sentito ma che mai avrei pensato di "incontrare", soprattutto nele circostanze così particolari che mi hanno portato in quella regione.

Sabato pomeriggio sono stato al sacrario militare di Redipuglia...100mila morti della Grande Guerra, tantissimi giovani, di alcuni solo il nome...

Domenica, poi, sono stato a Trieste, alla risiera di s. Sabba, l'unico campo di concentramento in territorio italiano...un forno crematorio, distrutto dai tedeschi in fuga, testimoniato da una piastra metallica nel "cortile" della risiera...la lettera di un giovane all'amata Laura, qualche istante prima di andare incontro alla morte

Come ho scritto sul registro dei visitatori, di fronte al dolore si può e si deve solo tacere...

Ma il dolore svela "mondi nascosti" e questi luoghi mi hanno rivelato quanto l'uomo possa essere "non uomo".

Mi hanno anche fatto riflettere su quanto sia sempre più necessario fare ogni sforzo perchè non si dimentichi...

Dobbiamo farci ancora carico di mantenere viva, anche a Guardiagrele, la memoria di quei fatti.

Io ce la metterò tutta.

giovedì 8 aprile 2010

Continuerò nel sociale

Stamattina sono uscito allo scoperto (l'immagine riproduce l'articolo del Centro di stamattina).

Sto lavorando per costituire una fondazione, la fondazione "Civitas" di cui ho parlato tante volte anche nel corso dei forum sociali.

Ci pensavo da tempo ma solo ora è il momento giusto.

Civitas vuol dire città ed è l'acronimo di "Costruire Integrazione VItale Tra Attori Sociali"... Chi mi conosce sa che èra ed è una mia "fissazione" ma questo è il tempo di realizzare questo progetto.

Sarà lo strumento attraverso il quale, con l'aiuto di chi lo vorrà, potrò continuare il mio impegno "nel sociale".

Per i dettagli, bisogna aspettare ancora un po'.

martedì 6 aprile 2010

308 rintocchi

Alle 21 di stasera 308 rintocchi ricorderanno gli amici aquilani morti il 6 aprile dello scorso anno.

Giovanni D'Alessandro, giornalista e scrittore, leggerà e commenterà alcune pagine del suo ultimo libro, "Sulle rovine di noi".

Paesaggi dell'anima. L'Aquila. Un anno dopo. E' così che vogliamo ricordare le vittime e rinnovare l'impegno.


Io sarò lì insieme a decine e decine di amici di Guardiagrele che seppero mostrare nelle ore, nei giorni, delle settimane dell'emergenza il volto generoso della nostra comunità.

Li ringrazio tutti con ammirazione e con la speranza che tanto lavoro sia solo un inizio.

Per me è stato ed è così.

domenica 4 aprile 2010

Ho in mente un paio di "cose"...

Sto pensando a come fare perchè le iniziative di questi ultimi anni restino in piedi. I miei, però...

Ho in mente un progetto, non da oggi. Ora capisco il motivo per il quale non era stato ancora realizzato.Sto affinando alcuni particolari e, appena possibile, ve lo presenterò.

Posso dirvi, intanto, che sto mettendo insieme tutto il lavoro fatto in questi anni e vi assicuro che c'è tanto su cui riflettere: atti, discorsi, convenzioni, delibere, regolamenti, testimonianze, fotografie...

Credo che ne farò una pubblicazione...

Per ora vi auguro solo Buona Pasqua!

giovedì 1 aprile 2010

Tocca agli eletti fare le scelte!

Sto pensando e ne sono sempre più convinto che tocca agli eletti decidere, fare le scelte, stabilire come Guardiagrele dovrà essere.

Questa è la conseguenza della scelta degli elettori.

Non ho nulla da dire, quindi, se non chè è tutto scritto.

Leggano le carte, quindi, e non cerchino suggerimenti.

Quando sono entrato io avevo le idee chiare e ho fatto quello che ritenevo giusto fare.

Ora il turno è di altri.

Buon lavoro.