giovedì 30 dicembre 2010

Piano Operativo e diritto al lavoro

Il Piano Operativo forse mieterà vittime anche tra i lavoratori del comparto sanitario soprattutto se non sarà fatta chiarezza nella giungla di norme e previsioni che riguardano proprio la materia del personale.

Nei ricorsi (due al TAR e uno al Consiglio di Stato) avevamo messo in evidenza le gravi illegittimità del Piano Operativo concentrandoci soprattutto sull’aspetto relativo all’organizzazione della rete ospedaliera.

Approfondendo i contenuto del Piano Operativo anche nella parte che riguarda la spesa per il personale e confrontando quanto in esso è stabilito con i recenti atti della ASL di Chieti e, soprattutto, con la legge di stabilità per il 2011, la confusione aumenta sempre più.

La partita delle stabilizzazioni e delle nuove assunzioni è delicatissima e viene da pensare che la chiusura di strutture ospedaliere sia solo la conseguenza dell’incapacità di ricollocare in maniera più intelligente le risorse umane disponibili.

Le perplessità – a dir poco – nascono dall’esame di un caso concreto, quello dell’ospedale di Guardiagrele che è stato, almeno per ora, graziato dalla sospensiva del Consiglio di Stato. Il presidio vive una situazione drammatica se si guarda ai servizi di diagnostica.

Dal 1° gennaio cesseranno dal servizio due medici della Radiologia (tra essi il Primario e Direttore Sanitario dell’Ospedale) e il blocco delle assunzioni diventa la principale causa di preoccupazione per la vita del SS. Immacolata di Guardiagrele. Insomma, quel che potrebbe salvare il Consiglio di Stato, potrebbe essere azzerato dalla scellerata gestione del personale.

Ma ci chiediamo se veramente ci dovrà essere questo blocco delle assunzioni e, soprattutto, in che misura.

Andiamo con ordine.

Il Piano Operativo (la delibera 44/2010) prevede che, al di là della possibilità di trasformazione di posti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato (“che non comporta alcun aumento di spesa”), “eventuali ulteriori assunzioni potranno effettuarsi nel limite massimo del 10% del turn-over rispetto alle cessazioni di personale che si verificano nell’anno 2010”.

Ciò significa che, in base al Piano Operativo, su 100 cessazioni, appena 10 potranno essere le assunzioni. Il primo problema è che questa viene presentata come una eventualità e non come un obbligo.

In base a questa previsione, la ASL, con la delibera 1042/2010 (non si sa se ancora al vaglio del Commissario), ha previsto la trasformazione di 95 contratti da tempo determinato a tempo indeterminato attingendo da concorsi o da mobilità. Sfugge su questo punto la logica seguita per individuare il numero dei contratti da trasformare dal momento che è chiaro che i precari della sanità della provincia di Chieti sono ben più di 95. E non si comprende neanche la logica seguita per stabilire che alcune figure professionali vengono attinte da graduatorie di concorso e altre da mobilità.

Insomma, visto che queste trasformazioni non comportano alcun aumento di spesa (è lo stesso ritornello che la direzione generale ha ripetuto per farci capire – ma noi lo sapevamo benissimo – che la disattivazione dell’ospedale di Guardiagrele non avrebbe comportato nessun risparmio), perché non si trasformano tutti i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato?

La previsione più sconcertante della delibera aziendale, poi, è quella secondo la quale le nuove assunzioni (nel famoso limite del 10% rispetto alle cessazioni entro il 2010) sono appena 17 e riguardano esclusivamente direttori di struttura complessa e dirigenti medici. Viene da chiedersi: e le altre figure professionali? Perché il tetto del 10% riguarda solo le cessazioni dal lavoro di dirigenti medici e non tutte le categorie?

In questo quadro si innesta la previsione della legge di stabilità per il 2011 (legge 13.12.2010, n. 220) che, al comma 52 dell’articolo 1, ha praticamente stabilito che, nel caso in cui i tavoli di verifica dei piani di rientro delle regioni commissariate (tra cui l’Abruzzo) accertino una attuazione dei piani di rientro anche “in misura parziale,…non operano le…misure di blocco automatico del turn-over, nel limite massimo del 10 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza”.

Insomma, la legge ha stabilito che nella regione Abruzzo (per la quale non c’è stata una bocciatura, come si rileva dagli ultimi verbali dei tavoli di verifica), si può procedere a 10 nuove assunzioni per 100 pensionamenti. Anche in questo caso non si fa differenza tra categorie professionali con la conseguenza che questo sblocco – sia pure parziale - del turn over riguarda tutti i lavoratori (quindi anche infermieri, operatori assistenziali…).

Il quadro appare complicato dal momento che ci troviamo di fronte alla sovrapposizione (o affiancamento?) della previsione del Piano Operativo e della Legge 220/2010. Qualcuno deve spiegare cosa si può fare e, soprattutto, deve dire se sia legittimo limitare il turn-over (sia pure nella misura del 10%) ai soli dirigenti medici o direttori di strutture complesse. Anche perché, a questo ultimo proposito, se è vero che le Unità Operative Complesse dovranno essere ridotte, è chiaro che vi sarà la disponibilità di Direttori che ben potrebbero essere ricollocati anziché procedere a nuove assunzioni.

Qualcuno, poi, dovrebbe anche dire se questo sblocco può essere esteso al 20% (10% previsto dal Piano Operativo e 10% previsto dalla legge di stabilità) e, soprattutto, dovrebbe chiarire il criterio con il quale operare dal momento che la legge è chiara nel precisare che le nuove assunzioni devono servire a garantire i livelli essenziali di assistenza. Ciò vuol dire, tornando al caso di Guardiagrele, che i posti vacanti in un servizio di diagnostica essenziale come la radiologia, non possono essere lasciati vuoti.

Il tema del personale, infine, si completa con la partita delle mobilità conseguenti alla disattivazione degli ospedali.

Mentre per Casoli e Gissi il quadro delle unità di personale disponibile a seguito delle chiusure e da ricollocare era stato concordato con i sindacati (e da lì si vedeva, ad esempio, che il Pronto Soccorso era praticamente sparito e sarebbe sparito anche a Guardiagrele), per il SS. Immacolata il piano è stato praticamente adottato d’imperio.

Sappiamo che la scorsa settimana in una riunione i Sindacati avrebbero dovuto discuterne e sappiamo anche che, grazie alla sospensione del Piano Operativo che abbiamo ottenuto, quell’incontro non si è più tenuto.

Eppure, richieste di mobilità verso altre strutture della ASL, formulate nel dubbio circa il futuro prossimo della struttura ospedaliera di Guardiagrele continuano ad essere sollecitate sulla base di un “avviso di mobilità” che ci auguriamo sia sparito visto che tutte le procedure per la disattivazione sono praticamente sospese, almeno fino al prossimo 14 gennaio.

Il quadro appare abbastanza complicato a causa del sovrapporsi di norme e disposizioni che a volte sono complementari, a volte sono contraddittorie.

Certo è che, se è possibile procedere a nuove assunzioni, non si vede la ragione per la quale si limita la possibilità di azione quando, invece, la necessità di garantire assistenza è sempre crescente, come dimostrato dal fatto che in questi giorni l’ospedale di Guardiagrele, che dal 31 doveva essere praticamente vuoto, è, invece, stracolmo di degenti nei reparti per acuti.

Non vorremmo che questa partita, oltre che pesare sul diritto alla salute, pesi in maniera non meno preoccupante sul diritto al lavoro.

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