mercoledì 14 aprile 2010

Il mio intervento al primo consiglio comunale

Nel ringraziare Sua Eccellenza il Prefetto, le Autorità presenti, l’intero Consiglio e i cittadini, dico al loro che leggo questo intervento perché meglio possa trasmettervi il senso di quello che penso in questo momento; per evitare il rischio di un ragionamento disordinato; per consegnare alla città un progetto di opposizione che oggi inizia in modo direi solenne; e perché penso che ciò che si compie oggi non è solo per noi ma è qualcosa che ci consegna alla storia di una città, la nostra e la vostra città.

La seduta inaugurale del Consiglio Comunale è, infatti, occasione e motivo per un approfondimento che, lette con sguardo sereno e severo le pagine del recente passato, necessariamente ci porta a guardare al futuro.

Dopo cinque anni di lavoro appassionato e convinto, fisicamente anche stancante ma umanamente senza dubbio arricchente, mi trovo, grazie alla fiducia degli elettori, a sedere tra i banchi di un eccezionale gruppo di opposizione nei confronti del quale già mi sento in debito.

In debito perché anche da loro traggo la convinzione (gli eletti che saranno in prima linea e l’intero gruppo, a partire dalle tante forze giovani che ci sono vicine), sin da subito, della necessità di proseguire un progetto appena iniziato, un programma impegnativo ma non meno entusiasmante di quello che avremmo portato avanti nel caso dell’elezione di Angelo Orlando come sindaco di Guardiagrele.

Cinque anni fa ci si profuse in una discussione su quanti cittadini l’amministrazione rappresentasse: un terzo, la metà, pochi, tanti. La legge ci consegna questo risultato: a noi non piace perché non piace la proposta, il modello che ci si presenta, quello che abbiamo letto nel programma del nostro avversario politico. Ma è un risultato che rispettiamo, sul quale discutiamo e discuteremo, se e dove sarà ancora necessario. E rispettiamo la città che ha fatto la sua scelta all’esito di una lunga campagna elettorale oggi finalmente terminata ma della quale sarà bene non dimenticare gli effetti, negativi in molti casi ,perché indice di una frattura che sarà difficile sanare.

Nell’incontro, del tutto irrituale, convocato per il giorno di venerdì santo, il dott. Salvi ci ha invitato ad abbassare i toni e a rasserenare il clima. Lo ripete questa mattina sulla stampa invitando l’opposizione a non fare polemica.

Dico subito questo: l’esperienza maturata in questi anni e, ancora di più, quella acquisita da una conoscenza direi quasi capillare della nostra città, mi porta a dire che la polemica che ci accingiamo ad iniziare e che, anzi, è già iniziata, non va nella direzione di un ingiustificato e inutile o, peggio, pregiudiziale risentimento ma nel senso del combattimento, aspro se e quando sarà necessario, per la difesa di un progetto – lo ricordavo all’inizio – per il quale ci spenderemo senza nessun risparmio di energia.

E l’unico obiettivo sarà sempre e comunque il bene comune della nostra città. Del resto, se questo è il nome che abbiamo dato al gruppo, non è certamente un caso e non è una enunciazione o uno slogan: è un impegno preso!

Tornando all’invito ad abbassare i toni, credo sia necessario un passaggio che forse è presto da consegnare alla storia perché è ancora cronaca. Noi ci siamo trovati costretti a difenderci da attacchi duri, ingiustificati, volutamente scollegati dalla realtà dei fatti, al limite di ogni senso del vivere civile. Dove per vivere civile voglio intendere un luogo, uno spazio nel quale la libertà di ognuno si misura con la capacità di rispettare persino il nemico alla luce delle norme che regolando ogni comunità di uomini.

Già, il rispetto delle regole: questa è la nostra bussola; è stata, è e sarà la nostra bussola. Una bussola che ci permetterà di navigare guardando ad orizzonti ben più ampi dello scontro tra maggioranza e opposizione, ben più alti della contesa tra chi amministra e chi deve controllare.

E questo sarà possibile perché sapremo guardare attraverso la lente della Costituzione repubblicana, la legge fondamentale, il criterio di giudizio e di misura dell’agire civile, il precetto sempre nuovo che ispirerà la nostra azione. La Costituzione che non è lontana, neanche nel tempo: è quella che ci dice qualcosa che forse non a tutti piace come quando richiama il valore dell’unità, anche dell’unità nazionale messa in discussione in modo più o meno latente dalle forze politiche che si reputano nuove ma che hanno fatto del vecchio il loro metodo…

E qui faccio alcune domande alla maggioranza, alla giunta neo eletta, a chi la guida: credete voi nel valore dell’unità nazionale? O volete avventurarvi, seguendone i precetti, lungo la strada che la Lega Nord propaganda in maniera persino spudorata? Pensate che Guardiagrele possa essere una città grande inserita in un contesto più ampio o sosterrete anche voi l’indipendenza della Padania?

Non è retorica, questa, ma senso della realtà. Abbiamo detto in tante occasioni che l’inizio di realizzazioni pericolose e antistoriche è nella vita di tutti i giorni, nei ragionamenti che le persone fanno quotidianamente e se nei ragionamenti di ogni giorno trovano spazio queste categorie, le domande che ho fatto si colorano di eccezionale concretezza.

Il senso della realtà, poi, ci parla della necessità di riservare una attenzione particolare alle fragilità che ci circondano.

Guardiagrele è una città grande, plena bonis, come dice il nostro motto e come raccontano la sua storia, quello che il passato ci ha consegnato, quello che in questi anni abbiamo raccolto, documentato e offerto agli studiosi in sedi nelle quali mai Guardiagrele era entrata.

Ma Guardiagrele è una città fragile, fatta di persone, fatta di uomini e donne, vecchi e bambini che attendono ogni giorno un aiuto, non solo economico.

Come la mettiamo? Come la mettiamo se si insiste a dire che va tutto bene e che tutto si supera con l’ottimismo e con il sorriso?

Noi non possiamo dimenticare che la vostra compagine si riconosce in un governo regionale e nazionale che nega quotidianamente le difficoltà dei lavoratori, ormai spesso ex, di chi ha figli senza avere lavoro, di chi soffre solitudine senza avere i mezzi necessari per pensare a se stesso; che nega quotidianamente persino gli appelli del mondo dell’impresa.

Invece, cari amici, rassegnatevi al fatto che Guardiagrele è una città fragile, una città che va diventando una comunità caratterizzata dal forte rischio di assenza di relazioni, nella quale alla modernità e alla competitività (creata e generata dalle enormi capacità anche imprenditoriali), si contrappone il dissolvimento dei legami tra le persone e tra i gruppi; una città nella quale questo pericolo – che è il vero pericolo – è tanto più serio quanto più si fa riscorso, persino da parte di chi è visto come persona credibile per il ruolo che ricopre o per l’attività che svolge, al metodo della mistificazione e del travisamento dei dati di fatto.

Noi abbiamo lavorato per limitare questi danni, e lo abbiamo fatto con lo stile che ci è proprio: quello dell’incontro ad ogni costo, della relazione personale cercata con insistenza, persino quello del petulante invito ad incontrarsi, a confrontarsi a costruire insieme.

Abbiamo ottenuto risultati perchè abbiamo ragionato secondo il metro della novità e questo ci ha dato ragione.

Lo abbiamo fatto – per dirla con Bonomi – guardando negli occhi delle persone che ci fanno paura, che ci fanno chiedere se veramente anche qui sia possibile tutto questo: abbiamo superato la fatica di guardare in faccia il povero, perché anche noi sentiamo il rischio della povertà; il malato psichiatrico, perché forte è il rischio del disordine mentale; l’immigrato, perché spesso capita di sentirsi stranieri in patria; il disabile, perché anche noi viviamo la realtà di una relazione difficile con chi vive quel problema; l’anziano, perché pensiamo al futuro che ci attende; il giovane, perché anche questa città assiste ad una deriva spesso pericolosa; il bambino, perché non abbiamo troppe garanzie per il loro domani; gli adulti, famiglie o singoli, su cui pesa ognuna di queste fragilità…

E voi? Li guarderete in faccia i poveri, i matti, gli immigrati, i disabili, gli anziani, i giovani, i bambini, gli adulti? Come li guarderete in faccia? Vi accorgerete di loro? Sentirete i loro sussurri? Cosa gli direte? Metterete in campo strutture di solidarietà capaci di proseguire sulla strada dell’accoglienza o vi consolerete dandogli una pacca sulla spalla magari invitandoli a non essere pessimisti e a sorridere alla vita? Sarete capaci di inventare il loro futuro o la vostra, se sarà possibile e se persino ci crederete, sarà solo assistenza? Con quale metro misurerete questa realtà?

Noi continueremo sulla nostra strada, continueremo a dare voce a questi sussurri e non alle grida. Vigileremo con un’attenzione che neanche immaginate. Verificheremo cosa ne farete degli strumenti che noi abbiamo costruito. Vi ricorderemo ogni volta che il regolamento che consente di dare loro un concreto sostegno lo abbiamo scritto noi e che voi, quando nel 2007 lo abbiamo portato in Consiglio, vi siete astenuti, lo avete giudicato male.

Ora cambiatelo, fate di meglio! Noi saremo severi ogni volta se cancellerete, anche solo nei fatti, una sola delle garanzie che abbiamo scritto in quelle carte. Carte che spetta a voi consultare, che spetta a voi far parlare; nelle quali troverete principi che ci sono cari, che appartengono a tutti ma che da oggi, per il ruolo che avete, dovranno camminare anche sulle vostre gambe.

Noi speriamo davvero che sarà così. Lo auguriamo prima di tutto a questa città fragile per la quale continuerò e continueremo a spenderci senza nessun risparmio di energia.

Perché, come dicevo nel primo Consiglio comunale dell’aprile 2005, questo è il mondo dal quale veniamo e al quale ogni giorno siamo tornati e torneremo.

Voi da dove venite? A quale mondo appartenete? In quale mondo volete tornare ogni giorno?

Noi indagheremo con scrupolo – sappiamo leggere le carte – sulla sorte di queste difficoltà e cercheremo di capire se avrete la serenità e la libertà di lottare, di combattere per la difesa di questi diritti, diritti umani, prima di tutto. A partire dalla salute.

A questo proposito vi dico questo. Verificheremo con severità cosa ne sarà degli impegni assunti, anche da voi, il 10 settembre dello scorso anno quando anche voi vi siete battuti per difendere un piano che dava all’ospedale di Guardiagrele una indentità forte. Lo avete approvato anche voi e con noi avete contribuito alla raccolta di 6700 firme.

Ma lì non si parla di “ospedale spalla” (la proposta che il Direttore Generale è venuta a farci in campagna elettorale, nella vostra campagna elettorale).

Cosa direte alla città, adesso? Quale è la vostra posizione? Avrete il coraggio e la libertà di contrastare una Direzione che annuncia una rivoluzione contrastando persino la legge che è ancora in vigore? Avrete il coraggio e la serenità di contrastare un Commissario regionale (il presidente della Regione) che, insieme ai suoi collaboratori, sa solo gioire per avere piazzato una bandierina blu su Guardiagrele?

Con coraggio e coerenza, invece, annunciate il blocco di alcune decisioni importanti per Guardiagrele, quelle legate alla pianificazione urbanistica della città.

Lo avete detto e lo farete. Bene!

Ma oggi, cosa dite e cosa direte a chi, rivolgendosi agli uffici, comprende che i timori seminati non erano fondati? Quanto dovrà ancora attendere Guardiagrele prima di realizzare un’attesa che dura da anni?

Risposte serie le attendiamo e le attenderemo su tutto.

Che ne sarà della nostre scuole? Quale attenzione dedicherete alle associazioni? Alle forze sociali? Alle organizzazioni di categoria?

Che idea avete in mente di Guardiagrele?

Come vi porrete verso la provincia, la regione, il governo quando noi vi faremo presente che continuano a tagliare i trasferimenti? Farete rumore se diminuiranno ancora – la tendenza è in atto – le contribuzioni ai comuni? Sarete in prima linea per difendere un federalismo che inevitabilmente metterà in ginocchio una regione che non ce la fa già oggi a mantenere tutti i servizi con le sue sole entrate? O contrasterete con forza il tentativo di rompere una unità che ha tra i suoi frutti anche la solidarietà? Cosa ne sarà del patrimonio culturale?

Su tutto questo vi chiameremo, senza tregua, a rispondere ogni giorno, anche più volte al giorno, di fronte alla città. E, per favore, non continuate a chiedervi se ce l’abbiamo con voi…Voi dovete fare il vostro lavoro; noi faremo il nostro!

Questa aula è, come ogni luogo della città, uno spazio per la verità e la franchezza; per la verità negli atteggiamenti e nei rapporti; per la correttezza istituzionale, ma, soprattutto, per parole e atti pensati, detti e fatti in spirito di servizio per la città. Uno spirito che, non negando e, anzi, rivendicando la differenza tra due modi di intendere il futuro della nostra città, mi consente comunque di augurare al primo cittadino e alla sua giunta buon lavoro.

Lo dico con sincerità e con la consapevolezza che questo non è il momento dell’ipocrisia. Mi interrogo su quale può essere il vero senso di una “opposizione costruttiva”. L’ho fatto fino a poco fa quando ho sentito una delle persone divenute amiche grazie al lavoro di questi anni. Mi ha chiesto di darle una mano, di seguire il progetto iniziato, quello per un gruppo di giovani della nostra città.

Su questo e su mille altri fronti, devo collaborare con la giunta, supportarla nel lavoro che l’attende? Devo forse augurami un loro insuccesso? Devo disinteressarmi e stare alla finestra? In questa trappola non cado, ma non siamo e non saremo la stampella invisibile di chi ha voluto prendere in mano il governo della città e oggi ha la responsabilità di amministrarla.

L’impegno nella città continuerà in questo ruolo e in un impegno che viene da lontano. Per queste persone, si continuerà a lottare. Per quei sussurri che attendono solo di essere ascoltati e capiti.

Non so essere ipocrita e, per questo, ho parlato in questi termini.

Auguro, quindi, a voi e a noi un lavoro convintamene ispirato alle categorie del bene collettivo e della promozione convinta della partecipazione della gente.

Concludo con alcuni grazie, grazie che non sono un commiato: sono il senso di un impegno che ha radici solide, fondate su relazioni vere, fondate sulla certezza di un futuro che non tarderà ad arrivare…

Dico grazie a chi mi ha dato fiducia cinque anni fa; a chi mi ha sostenuto e mi sostiene oggi; a chi ha collaborato con intelligenza e con senso di novità a migliorare Guardiagrele; a chi ho incontrato personalmente in tante circostanze, anche dolorose; a chi ha capito quelle deve essere la prospettiva per la città; a chi ancora crede che la politica possa essere profezia a chi, quindi, come ho detto nelle scorse settimane, vorrà costruire con noi un patto sociale che ci fa vedere e ci farà vedere nel presente quello che voi non vedete e ci fa dire e ci farà dire al presente quello che voi non volete ascoltare.

Grazie.

4 commenti:

  1. Bravo! Ieri, grazie a te e a tutti i nostri consiglieri, abbiamo fatto percepire la "differenza politica". Nostro compito di ogni giorno sarà di farla capire

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  2. Un compito difficile che potremo portare avanti solo insieme...

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